Uno studio pubblicato su Nature condotto dai ricercatori del King's College di Londra ha analizzato i dati di oltre quattromila persone ammalate di Covid-19 con effetti e sintomi a lungo termine.
“Abbiamo analizzato i dati di 4.182 casi incidenti di COVID-19 in cui gli individui hanno riferito i propri sintomi in modo prospettico attraverso l’app ‘COVID Symptom Study’. Un totale di 558 partecipanti (pari al 13,3%) ha riportato sintomi di durata superiore ai 28 giorni, 189 (4,5%) per superiori 8 settimane e 95 (2,3%) superiore alle 12 settimane. Il ‘Long Covid’ è stato caratterizzato da sintomi di affaticamento, mal di testa, dispnea e anosmia ed era più probabile con l'aumentare dell'età, dell'indice di massa corporea e del sesso femminile”, si legge nell’abstract della pubblicazione scientifica.
I ricercatori rilevano che vi è una correlazione anche tra la presenza di più sintomi durante la prima settimana di malattia e la persistenza di almeno uno di questi nelle fasi successive.
“Ci sono dei limiti e qualsiasi generalizzazione dovrebbe essere considerata attentamente. Il nostro studio è stato limitato dal fatto di aver potuto usufruire solo dei dati offerti dai fruitori dell’app, piuttosto che da un campione rappresentativo della popolazione. Gli utenti delle app erano sproporzionatamente donne e quelli di età superiore ai 70 anni sottorappresentati, il che potrebbe aumentare o diminuire le nostre stime sulla prevalenza e la durata del COVID prolungato. È necessaria cautela nell'interpretazione delle associazioni trovate in tali sottogruppi di popolazione”, ammettono gli scienziati nella sezione ‘discussione’ dello studio.
Per altro i risultati del test erano autodichiarazioni per cui la cautela deve essere ancor più d’obbligo.
Rimane tuttavia rilevante osservare che i casi di Covid prolungato, anche fin oltre le 12 settimane, non siano affatto trascurabili e il problema risulti concreto.
“A livello di popolazione, è fondamentale quantificare l'onere del COVID prolungato per valutare il suo impatto sul sistema sanitario e distribuire adeguatamente le risorse”, concludono gli studiosi che si riservano di approfondire gli studi in fasi successive al fine di definire in dettaglio le incidenze statistiche e i fattori di rischio.
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