Paura e fame
Di per sé lo stress contribuisce alla perdita di appetito e, nei casi peggiori, allo sviluppo dell’anoressia: ad esempio, le cavie sottoposte a stress dimagriscono. Tuttavia, se viene offerto loro del cibo ad alto contenuto calorico, queste cominciano ad abusarne. Proprio come fanno gli umani. Gli scienziati dell’Università Emory hanno verificato questo comportamento su femmine adulte di macaco rhesus in cattività. È stato appurato che gli esemplari che all’interno del gruppo erano sottoposti a punizioni da parte degli individui dominanti mangiavano di più e più frequentemente e dunque ingrassavano.
Secondo i sondaggi, le persone che mangiano per stress sono di più di quelle il cui appetito si riduce. Tuttavia, qualsiasi individuo può in un determinato momento effettuare scelte alimentari a favore di cibi dolci, grassi, ecc. Gli scienziati definiscono questi alimenti come “cibo tranquillizzante” perché placa le sofferenze dell’individuo e ne migliora l’umore.
Questo è un meccanismo naturale di riduzione dello stress a cui sono sottoposti molti soggetti, ma non tutti.
Scienziati austriaci e lussemburghesi parlano di soggetti che gestiscono le loro emozioni negative con la dieta: sono i cosiddetti mangiatori emotivi. Il problema consiste nel fatto che in presenza di stress cronico che perdura per settimane o mesi i livelli di cortisolo si mantengono costantemente elevati e questo facilita le abbuffate a cadenza regolare.
La coronafobia
Stando ai dati raccolti da scienziati statunitensi e canadesi, circa metà dei 7.000 soggetti interpellati ha una qualche forma di coronafobia, ossia la paura per il coronavirus, la quale si manifesta sotto forma di abbuffate durante la quarantena e l’isolamento. A riprova di questo vi sono diversi dati di studi condotti in Italia e Polonia.Una ricerca effettuata su 14.000 australiani adulti tra aprile e maggio di quest’anno ha dimostrato che il 53% dei soggetti nel primo mese di quarantena ha avuto un qualche sbalzo dei livelli di appetito. È possibile che una situazione di stress limitata nel tempo non sia pericolosa. Ma un autoisolamento prolungato unitamente a un’alimentazione eccessiva causa obesità con il conseguente rischio aumentato di sviluppare patologie croniche e di un decorso più grave del COVID-19, secondo gli autori dello studio.
Un po’ di autoanalisi
Gli scienziati della Johns Hopkins University School of Medicine hanno acclarato che il rischio più elevato di mangiare eccessive quantità di cibo si registra nel pomeriggio e alla sera, soprattutto in presenza di situazioni stressanti. Il ritorno a casa dopo il lavoro o la cena possono diventare il momento perfetto per i peccati di gola. Per evitare queste situazioni, è necessario spezzare la fame con piccoli spuntini sani e poco calorici come mele o noci. Controllare in questo modo l’assunzione di cibo contribuisce al miglior funzionamento dell’organismo.Prima di avventarsi sul frigorifero bisogna chiedersi se davvero si percepisce il senso di fame e capirne l’intensità. Poi aspettare qualche minuto, bere una tazza di tè verde o di matè che riducono lo stress. Prima di andare a dormire è possibile assumere una piccola porzione di pesce grasso o di ciliegie, alimenti ricchi di sostanze che facilitano il sonno.
Gli psicologi consigliano di agire non sulla conseguenza, ma sulla causa, ossia di ridurre lo stress. In tal senso fondamentali sono la fame, l’esercizio fisico, il sostegno di famiglia e amici.
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