Il Washington Post sottolinea che c'è molto di vero nelle recenti affermazioni del nuovo presidente americano sulla situazione europea: la Ue è tuttora votata all'autodistruzione, le politiche economiche continuano a causare disoccupazione di massa e sì, vengono proprio decise dalla Germania, come ha suggerito Trump. Il disagio sociale a cui spesso si fa riferimento per spiegare l'elezione di Trump in USA è in realtà enormemente superiore in molti paesi della Ue e soprattutto dell'eurozona, la cui lentezza nel dare segnali di ribellione all'establishment appare dunque quasi sorprendente.
"Le persone e le nazioni vogliono una propria identità", ha detto.
La più ovvia conferma dell'ammonimento di Trump viene dalla Gran Bretagna, il cui primo ministro Theresa May ha appena definito il piano per una uscita "dura" dall'Unione Europea. La May avrebbe anche potuto interpretare in modo diverso l'esito del referendum di giugno sulla Brexit, cercando ad esempio un "modello norvegese", con la partecipazione al mercato unico europeo, pur ritirandosi dalle strutture politiche della UE. Ma, per parafrasare Trump, il primo ministro ha evidentemente ritenuto che la Gran Bretagna dovesse mantenere la propria identità. La May è determinata a porre un freno all'immigrazione dalla UE, nonostante gli immigrati contribuiscano positivamente all'economia. Vuole uscire dalla Corte di giustizia europea, nonostante questo organo abbia in passato sostenuto anche gli interessi commerciali della Gran Bretagna. Nell'insieme, queste due posizioni escludono la partecipazione al mercato unico. La Ue sta per perdere la sua seconda maggiore potenza economica.La Gran Bretagna è sempre stato un paese membro "a metà" dell'Unione europea, per cui il malessere nel cuore dell'Europa continentale è una prova ancora più forte del fatto che Trump ha colto il punto. Ironia della sorte, tutti i fattori che di solito si citano per spiegare la vittoria di Trump, sono in realtà ancora più evidenti dall'altro lato dell'Atlantico [cioè in Europa, NdT]: la crescita debole, le scarse prospettive per i lavoratori, la reazione contro i migranti, la disaffezione verso le élite al governo.
Agli americani può essere sembrato che la ripresa dopo la crisi finanziaria sia stata anemica. Tuttavia, correggendo per l'inflazione, l'economia americana è cresciuta di oltre 12 punti percentuali dal 2008 a oggi. Per contro, i 28 paesi dell'Unione europea hanno avuto una crescita complessiva di appena il 4 percento. E se considerate l'insieme dei paesi dell'eurozona tolta la Germania, il dato è addirittura negativo. Sebbene quest'anno il dollaro forte può aver aiutato l'Europa, la maggior parte dei paesi periferici, quelli sul Mediterraneo, hanno assistito a un decennio perduto.
Ovviamente questa prestazione economica così terribile ha avuto anche un costo umano enorme. Il tasso di disoccupazione nell'eurozona è al 9,8 percento, più del doppio di quello americano. La disoccupazione tra i giovani europei è ancora più spaventosa: in Grecia, Spagna, Francia, Croazia, Italia, Cipro e Portogallo, più di un quarto della forza lavoro sotto i 25 anni è disoccupata. La capacità che l'America ha avuto di rimettersi in piedi economicamente dopo il 2008 dimostra che non c'è nulla di scontato e inevitabile in tutto questo. L'Europa ha patito una catastrofe per decisione propria, e oltre a un decennio perduto si ritrova con una generazione perduta.Fonte: http://www.sapereeundovere.com/
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