Gli italiani premiano i leader che hanno scelto di appoggiare il governo Draghi e che all’interno del nuovo esecutivo premono per un ritorno alla normalità.
È il dato che si evince dall’ultimo sondaggio realizzato da Fabrizio Masia per la trasmissione Agorà, su Rai Tre, citato dal quotidiano Libero.
Sul podio, tra i politici più apprezzati ci sono Mario Draghi, che guadagna un punto percentuale e sale al 63 per cento, Giuseppe Conte, che perde invece un punto, scendendo al 40 per cento, pagando il prezzo della poca visibilità del periodo, e infine Giorgia Meloni, terza con il 39 per cento. La sua scelta di restare all’opposizione del governo Draghi finora non si è tradotta in una crescita nel gradimento personale che resta stabile.
A crescere, invece, è Matteo Salvini, che sale al 34 per cento. Stesso risultato per Luca Zaia, presidente della Regione Veneto. I leghisti sono tallonati dal governatore emiliano Stefano Bonaccini. Entrambi i presidenti di regione sono all’apice della popolarità.
La fiducia nei leader secondo i sondaggi di questa settimana di @FabrizioMasia1 #agorarai pic.twitter.com/x58FNIXPZl
— Agorà (@agorarai) February 25, 2021
Bonaccini, in particolare, è stato protagonista, come Salvini, di appelli alla riapertura serale dei ristoranti nelle zone gialle, dove la diffusione del contagio è più contenuta. Una linea politica che sembra pagare in termini di consenso.
Cresce anche il gradimento nei confronti di Silvio Berlusconi, che sale al 30 per cento ottenendo una “fiducia molto elevata”. A premiarlo, come notano alcuni esperti, c’è sicuramente il ruolo da protagonista avuto nella formazione del nuovo governo Draghi.
Restano stabili invece il governatore del Lazio e leader del Pd, Nicola Zingaretti, al 26 per cento, Roberto Fico e Giovanni Toti, al 25 per cento. In fondo alla classifica troviamo il ministro della Salute, Roberto Speranza, che in queste settimane ha insistito sulla necessità di nuove chiusure.
Ma peggio di tutti fanno Di Maio e Renzi. Il ministro degli Esteri del Movimento 5 Stelle, alle prese con i dissidi interni al partito, crolla al 21 per cento, mentre Renzi, in lieve crescita, si deve accontentare del 14.
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