Marco Rizzone del Movimento 5 stelle, uno degli accusati di essere parte del piccolo gruppo dei Furbetti di Montecitorio che hanno incassato l’indennità da 600 euro prevista per i titolari di partita Iva, esce allo scoperto e fornisce la sua versione dei fatti su quanto accaduto.
Non nasconde quanto è avvenuto e si prende la responsabilità senza scaricarla sul commercialista “come hanno fatto altri” scrive.
“Voglio fare una premessa: pur non avendo materialmente richiesto io quanto previsto dalla legge per la mia categoria di partita iva, non incolperò (come hanno fatto altri) il mio commercialista dicendo che in automatico, sulla scia di altri assistiti, ha inoltrato la richiesta anche per me. Ne riconosco l’inopportunità e, consapevole che in ogni caso la responsabilità ultima è solo mia, sono pronto ad assumermela tutta e fino in fondo, come ho sempre fatto.”
Questioni morali più importanti
La “leggerezza”, così la definisce Rizzone, non deve però oscurare “una serie di altre ‘questioni morali’ anche più serie di questa ‘leggerezza’ e che forse sarebbe il caso di affrontare nel rispetto di chi ci ha eletti”.
Una difesa che va all’attacco quella del deputato grillino e che appare rivolta verso l’interno del partito al quale forse apparterrà ancora per pochi giorni od ore.
Un decreto scritto male
Non ho fatto “nulla di illecito, nulla di illegittimo. Tutto a norma di legge”, dice il pentastellato e poi se la prende con chi ha scritto “palesemente male” la legge, “vuoi per la fretta – giustificabile –, vuoi per l’incapacità di alcuni soggetti – non giustificabile.
E poi va all’attacco dei colleghi parlamentari:
“un decreto su cui in Parlamento nessuno dei colleghi “moralizzatori” è intervenuto per apportare modifiche che evitassero che l’indennizzo fosse dato “a pioggia” a prescindere dal reddito
(perché tanto ormai basta fare propaganda più che buone leggi)…”
Anche se Giorgia Meloni, commentando ieri l’audizione di Tridico, ha rivendicato il suggerimento proposto in Parlamento da Fdi per modificare quella misura per introdurre dei paletti reddituali: proposta non accolta.
Testi blindati
Rizzone, un po’ contraddicendo quanto affermato prima sui parlamentari che non hanno proposto modifiche scrive ancora:
“Qualcuno potrebbe dire che io per primo avrei potuto proporre di modificare il decreto ‘Cura Italia’ alla Camera inserendo con un emendamento dei limiti di reddito per i percettori del bonus. Peccato che - come purtroppo accade da molto tempo a questa parte - troppo spesso i provvedimenti ci arrivino ‘blindati’ e immodificabili e vengono approvati a colpi di fiducia impedendoci - di fatto - la possibilità di esercitare il nostro ruolo di parlamentari.”
I nomi taciuti
Ma ci sarebbero altri nomi che non sono venuti fuori secondo il deputato del partito di Beppe Grillo.
“Accusatemi pure di non aver fatto un’adeguata battaglia contro lo svilimento dell’attività parlamentare e del ruolo stesso dei parlamentari, oppure accusatemi di non aver ad esempio creato un caso mediatico dopo i bonus percepiti (anche in quel caso lecitamente) dai notai, anch’essi, seppur in altra forma, rappresentanti dello Stato - ma sui cui nomi il Garante della Privacy - chissà perché - tace.”
Non sono un ladro
“Di essere dipinto come un disonesto, un infame o un ladro però non lo accetto, tanto meno da chi con la sua noncuranza ha consentito a migliaia di partite iva ben più facoltose di me di richiedere legittimamente il medesimo bonus”, si difende il pentastellato.
Il malessere nel M5s
Al di là della vicenda in sé, appare chiaro il malessere che serpeggia nel Movimento 5 stelle e che Rizzone non fa altro che mettere in evidenza ancora una volta togliendosi qualche sassolino da entrambe le scarpe, forse certo di una sua espulsione.
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