In Estonia e Lettonia i diritti degli ex cittadini dell'Unione Sovietica, principalmente di origine russa, vengono "violati sistematicamente", scrive Der Spiegel.
"Non hanno il diritto di voto. Non hanno il diritto di lavorare da dirigenti dell'amministrazione pubblica, nella polizia e nell'esercito. Non hanno altresì il diritto di ricoprire molte posizioni nell'amministrazione pubblica. Vengono discriminati per il calcolo della pensione. Senza un'autorizzazione particolare non possono recarsi all'estero per lavorare. Inoltre è per loro estremamente difficile viaggiare", spiega il tabloid.
"Sembra l'apartheid". Per circa 330mila cosiddetti non cittadini in Lettonia e in Estonia questa situazione discriminatoria si ritrova nella vita quotidiana, prosegue Der Spiegel. Si tratta dei cittadini dell'ex Unione Sovietica e dei loro figli che dopo la proclamazione dell'indipendenza degli Stati Baltici hanno ottenuto uno "status speciale", dopodichè per essere "naturalizzati" dovevano passare attraverso "procedure burocratiche fastidiose per ottenere la cittadinanza".
Infatti, come osserva Der Spiegel, le regole per i non cittadini dovevano restare in vigore solo temporaneamente.
"Tuttavia si sono trasformate in misure di lungo termine, nonostante le ripetute richieste della UE per porre fine alla discriminazione", — rileva il tabloid tedesco.
Der Spiegel richiama l'attenzione sul fatto che nei Paesi Baltici i madrelingua russi sono ancora trattati come "ex occupanti". La minoranza russofona è inoltre accusata di "mancanza di fedeltà alla loro nuova patria" e di assenza di solidarietà per "la tragedia dei Paesi Baltici durante l'occupazione."
"Venticinque anni fa lo status di non cittadino era una misura necessaria per stabilizzare la situazione in Estonia e in Lettonia", Spiegel cita il politologo lettone Ivars Labs. "Lo status di non cittadino però non è più attuale e rafforza solo la mancanza di unità".
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