Nel rilevamento per telefono, su un campione di oltre mille adulti, il 45 per cento si e' dichiarato a favore dell'uscita dall'Ue, il 42 per cento contrario e il 13 per cento ancora indeciso. In quello in rete il 47 per cento si e' detto pronto a votare "no", il 44 per cento schierato per il "si'" e il nove per cento incerto. Nelle indagini precedenti dello stesso istituto, a meta' maggio, nel rilevamento telefonico il fronte "Remain" precedeva di dieci punti il fronte "Leave", 55 a 45 per cento; quello online dava, invece, lo stesso risultato di 52 a 48 a favore dei "Brexiteer".
Lo schieramento della Brexit sta insistendo in modo particolare sul tema dell'immigrazione. Boris Johnson e Michael Gove, le due figure piu' importanti del fronte antieuropeista, entrambi del Partito conservatore, si sono impegnati a cambiare il sistema in caso di Brexit con un piano ispirato a quello australiano, sottoscritto anche da Priti Patel, sottosgretaria all'Occupazione, e dalla deputata laborista Gisela Stuart. L'ingresso dei migranti sarebbe subordinato non alla nazionalita', ma alle competenze lavorative e per alcune posizioni, dovrà essere dimostrata una buona conoscenza della lingua inglese.Ma mentre in Italia un evento epocale qual è il referendum per l'uscita della Gran Bretagna dalla Ue viene bellamente ignorato dalla grande stampa per non dire dai telegiornali nazionali (scomparsi i servizi da Londra), in Germania viceversa il tema rimbalza sulle prime pagine dei maggiori quotidiani.
Scrive oggi in prima l'Handelsblatt:
"l problema puo' essere puntualizzato con un solo dato: 29 per cento. E' la percentuale di cittadini britannici che si fida delle Istituzioni dell'Unione Europea — scrive l'editorialista Katharina Slodczyk —. Solo in Grecia si rileva una percentuale piu' bassa, ha dimostrato un sondaggio condotto l'anno scorso dalla Commissione europea. L'euroscetticismo dei britannici, che tra poco piu' di tre settimane andranno a votare al referendum sulla permanenza del loro paese nella Ue, ha molte cause, di natura anche storico-geografiche. Ma tutto cio' non spiega il perche' la Gran Bretagna si ritrovi proprio ora ad un passo dall'uscita dalla Ue".
Secondo Katharina Slodczyk "una lunga serie di scelte della politica interna britannica hanno inasprito ancor di piu' la situazione. Dato che negli ultimi anni la politica ha investito nel sistema sanitario e scolastico senza tenere conto del possibile arrivo di enormi masse migratorie, oggi gli ospedali e le scuole si trovano sotto forte pressione".
"La Gran Bretagna — conclude l'articolo — ha aderito controvoglia all'integrazione europea e, diversamente da Germania e Francia, non ha mai inteso l'Europa come un progetto per la difesa della pace, ma solo come uno strumento per conseguire scopi politici contingenti. E in materia di immigrazione — accusa infine l'autrice dell'editoriale — i laburisti britannici dimenticano le loro responsabilità. Fu proprio il governo di Tony Blair a spingere per l'allargamento ad Est della Ue e a non volere alcuna limitazione alla liberta' di circolazione dei lavoratori dall'Europa centro-orientale. Sarà bene che gli elettori del referendum del 23 giugno lo ricordino".
Fonte: ilnord.it
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