Prima era sicuramente inadeguato. Poi è diventato potenzialmente pericoloso. Salvo risultare, in seguito, semplicemente incerto e rivelarsi, infine, una possibile risorsa di cui, parola di Angela Merkel, neppure l’Europa potrà fare a meno. La parabola di Sputnik V, il vaccino messo a punto nei laboratori Gamaleya di Mosca, è l’allegra metafora dell’atteggiamento occidentale nei confronti della Russia. Un atteggiamento improntato, troppo spesso, ad ostilità e diffidenze pregiudiziali. Ostilità e diffidenze così spiccate da oscurare persino la capacità di giudizio di studiosi e ricercatori ai quali spetterebbe l’obbligo d’attendere i dati scientifici prima di sputar sentenze.
“Abbiamo una sola possibilità di far buona impressione al primo colpo, se la Russia taglia i tempi nella corsa al vaccino causando un inutile avversità questo potrebbe erodere una fiducia già assai fragile” sentenziava lo scorso agosto Heidi Larson - direttrice del Vaccine Confidence Project e docente di Medicina e Igiene Tropicale alla London School - dando per scontata l’infondatezza degli annunci russi sull’efficacia di Sputnik V.
“Al di là di differenze politiche che restano ampie possiamo tuttavia lavorare assieme in campo pandemico e umanitario - ha detto lo scorso 20 gennaio la Merkel offrendo l’appoggio della Germania per garantire a Sputnik V la convalida dell’Ema e arrivando a ipotizzare persino una “produzione e un utilizzo congiunto”.
Per comprendere l’harakiri europeo e il dietrofront della Cancelliera bisogna tornare allo scorso giugno. In quel mese la Commissione Europea guidata da Ursula Von der Leyen decide di svolgere un ruolo guida nella ricerca vaccinale mettendo mano all’Esi (Emergency Support Instrument) — un fondo di emergenza di Bruxelles con dotazioni da oltre 2 miliardi e 700 milioni. Grazie a quei fondi vengono stretti accordi con Pfizer, Moderna, Astra Zeneca e altre tre grandi aziende farmaceutiche (Sanofi, Johnson & Johnson e CureVac) che prevedono finanziamenti alla ricerca in cambio di forniture a prezzo contenuto una volta approvati i vaccini. Si tratta di contratti al buio e basati sulla fiducia visto che all’atto della firma e del via ai finanziamenti l’Europa non sa ancora quali dei sei progetti arriveranno a compimento. Proprio in virtù di questi finanziamenti al buio i contratti - seppur segreti - dovrebbero garantire all’Unione Europea forniture costanti e regolari anche in presenza di acquirenti pronti a offrire condizioni d’acquisto più vantaggiose. Ma alla resa dei conti succede esattamente il contrario.
Insomma mentre l’Europa combatte un’autentica guerra per i vaccini contro i propri alleati e contro le aziende pagate per difenderla dalla pandemia la salvezza potrebbe alla fine arrivare solo grazie al tanto biasimato e criticato vaccino russo.
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