I fatti sono ormai noti al grosso del pubblico, ma gioverà ricapitolare i passaggi salienti della vicenda. Il Presidente uscente non aveva riconosciuto la sconfitta riportata il 3 novembre, ritenendosi vittima di brogli di varia natura, la cui preparazione aveva denunciato ancor prima del voto, senza peraltro assumere alcuna iniziativa rilevante per prevenirli.
La sua lotta era parsa sin dall’inizio priva di concrete speranze, essendo impossibile politicamente cancellare per via giudiziaria parte delle schede scrutinate che avevano consentito a Biden di assicurarsi la maggioranza del cosiddetto “collegio elettorale” cui è materialmente affidato il compito di designare il Presidente americano.
Avevano invece puntato tutte le loro carte sulla contestazione della legittimità delle decisioni con le quali in alcuni Stati era stato deliberato,bypassando i parlamenti locali,di consentire il ricorso ordinario al voto per posta, solitamente ammesso fino al 2019 soltanto su base individuale e per gravi motivi.
Nessuna delle cause ha dato l’esito sperato, malgrado in alcuni casi delle violazioni procedurali fossero effettivamente presenti. Persino la Corte Suprema ha deliberato di non esaminare alcun caso che le riguardasse, forse proprio per evitare di dover accogliere qualche istanza, cosa che tra l’altro avrebbe posto gli Stati Uniti in imbarazzo nei confronti di tutte le autorità estere che si erano già congratulate con Biden.
Alcuni parlamentari del suo partito avrebbero contestato la certificazione del voto avvenuta in alcuni Stati e a loro sostegno si sarebbe svolta una grande manifestazione popolare convocata da Trump nel cuore di Washington. Questa è stata la scena in cui si è svolto il dramma.
Mentre personalità del calibro del senatore Ted Cruz tentavano di bloccare la proclamazione dell’elezione di Biden, il 6 gennaio decine di migliaia di persone avrebbero ascoltato un infuocato comizio del Presidente uscente, nel corso del quale sarebbero stati ricordati i successi e rinnovate le accuse di Trump relative all’alterazione dei voti, prima che i manifestanti venissero invitati a “marciare sul Campidoglio”, seppure per protestare pacificamente.
Un piano rischioso, ma non illogico. La situazione è però sfuggita di mano. Radunatasi a Capitol Hill, la collina di Washington dove sorge il Congresso, la folla non si è infatti accontentata di strillare, ma ha preso d’assalto il palazzo che ospita i due rami del Parlamento americano, trovando resistenza da qualche parte e poliziotti meno disposti a lottare da qualche altra.Una folla variopinta si è così fatta largo nel cuore delle maggiori istituzioni rappresentative degli Stati Uniti, mentre la sicurezza interna provvedeva ad evacuare tutti i parlamentari presenti, incluso il Vicepresidente Mike Pence e i leader della Camera dei Rappresentanti e del Senato.
Si dice che alcuni facinorosi avessero addirittura in animo di prendere in ostaggio alcune fra le più importanti personalità politiche degli Stati Uniti, ma le inchieste in corso non sono ancora giunte a risultati definitivi.
È certo invece che vi siano stati dei morti, fra i quali una veterana dell’Aviazione, cui è stato sparato da distanza ravvicinata un colpo di pistola letale. Vi sono state vittime anche tra le forze dell’ordine.
Lo spettacolo ha colto di sorpresa tutto il mondo, incluso molto probabilmente lo stesso Presidente uscente Trump, che è stato convinto con una certa fatica ad intervenire pubblicamente per calmare gli animi.
Il Congresso è stato infine sgomberato ed immediatamente riconvocato, per completare la procedura prevista, a questo punto perfezionatasi senza ulteriori intoppi e con le residue contestazioni ridotte al minimo. Biden è stato proclamato e finalmente anche Trump ha concesso l’elezione.
Ma cosa sia davvero accaduto e quali ne siano le implicazioni a breve e medio termine resta tutto da chiarire. Si può ragionare solo per supposizioni e congetture.
È molto verosimile che Trump non abbia calcolato correttamente le conseguenze del proprio comizio e dell’invito rivolto ai manifestanti di recarsi a dimostrare davanti al Congresso. Si è trattato senza dubbio di un azzardo, forse determinato da una non completa comprensione del fenomeno di cui lo stesso Presidente uscente è stato l’interprete e portavoce nei trascorsi quattro anni.
Trump ha certamente utilizzato a proprio favore il risentimento di un blocco molto ampio di americani che si percepiscono in qualche modo emarginati dal processo politico e dal godimento della ricchezza prodotta dagli Stati Uniti. Ma è stato probabilmente usato a sua volta da un mondo cui finora nessuno aveva offerto rappresentanza.
I pericoli sono accresciuti anche da alcune peculiarità dell’ordinamento giuridico americano che di fatto non realizza in capo allo Stato federale quel monopolio legale della violenza che caratterizza qualsiasi paese moderno.
Il Secondo Emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti riconosce infatti ai cittadini il diritto di portare le armi anche nella prospettiva di consentire loro di insorgere contro un potere divenuto tirannico.
Accusare Donald Trump di avere incitato i suoi sostenitori all’insurrezione per escluderlo permanentemente dall’agone politico dopo che i social media lo hanno cancellato dal dominio digitale potrebbe quindi anche rivelarsi inutile.
Se una parte cospicua degli americani continuerà a vedere in Biden un usurpatore o governante comunque illegittimo, infatti, tra loro vi sarà sempre chi crederà di poter esercitare il proprio diritto a ribellarsi.
Un’altra sorpresa è che per il momento il gradimento di Trump non mostra significative variazioni. La Rasmussen, che lo sonda quotidianamente anche in questo periodo, ha rilevato tra il 6 e l’11 gennaio soltanto oscillazioni nel limite del punto percentuale.
Tutto ciò, ovviamente, induce ad interrogarsi su ciò che sta accadendo nella pancia dell’America: la crisi politica potrebbe non essere legata alla sola personalità di Trump, come del resto ammettono molti osservatori, ma continuare e forse persino approfondirsi, qualora la nuova Amministrazione facesse scelte inadeguate alla situazione.Lo scarso peso attribuito da Joe Biden ai cosiddetti Wasp, ovvero ai bianchi anglosassoni protestanti che hanno letteralmente costruito gli Stati Uniti, sicuramente non contribuirà a rasserenare gli animi. E neanche eventuali provvedimenti limitativi dell’agibilità politica di Trump.
Il protrarsi delle difficoltà interne potrebbe avere a sua volta un effetto ulteriore. Riesce infatti difficile immaginare un global re-engagement del genere di cui si parla a Washington, in presenza di resistenze interne tanto forti al gruppo dirigente che si accinge ad assumere il potere.
Non vi sono dubbi circa il fatto che alla fine lo shock verrà assorbito. Ma per qualche tempo, un tempo per ora di durata indefinita, è possibile che Biden non potrà destinare alla politica estera tutta l’attenzione che forse pensava di riservarle.
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