“Aboliremo il regolamento di Dublino. Lo rimpiazzeremo con un nuovo sistema europeo di governance delle migrazioni. Avrà strutture comuni per l’asilo e per i rimpatri”. Così parlò mercoledì 16 settembre il presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen. Chi, per un attimo, ci ha creduto si è già pentito. Le promesse formulate dal presidente della Commissione Europea durante il Discorso all’Unione erano solo un “flatus vocis”. O meglio un’autentica presa per in giro per l’Italia.
Non potendo né ottenere lo status di rifugiati, né essere rimpatriati a causa della mancanza di accordi con le nazioni d’origine la maggior parte di quei disgraziati si ritrovano condannati a bivaccare nei centri d’accoglienza nel nostro paese senza poter essere integrati e senza poter raggiungere altri paesi europei. E chi non viene reclutato da gruppi o organizzazioni criminale cade nelle mani dei caporali e immesso nel circuito senza uscita del lavoro nero. Ma l’articolo 13 oltre ad essere il paradigma della falsa accoglienza e dello sfruttamento è anche lo scudo dietro cui si nascondono i paesi europei contrari a qualsiasi redistribuzione dei migranti sui loro territori. Proprio per questo solo l’eliminazione di quella regola poteva mettere fine alle storture di Dublino. Ancora una volta, invece, l’ipocrisia dei tanti paesi membri ha avuto la meglio.
La svedese Ylva Johansson Commissaria agli Affari Interni dell’Unione anticipando la bozza di riforma di cui è relatrice ha escluso qualsiasi ipotesi di ripartizione obbligatoria. Nell’ambito delle nuove regole - stando a quanto fatto capire dalla Commissaria l’Unione - si punterà soltanto a facilitare i meccanismi di rimpatrio. Ma poichè gli accordi di qel tipo richiedono anni di negoziati con i paesi d’origine dei migranti è facile intuire che per l’Italia nulla cambierà.
E questo significherà condannare definitivamente l’Italia al ruolo di campo profughi del Mediterraneo. E a rendere ancor più grigio il panorama s’aggiunge la debolezza di un governo giallo-rosso consapevole che qualsiasi tentativo di protesta allontanerà il sogno di accedere ai 200 e passa miliardi dal Recovery Found. Miliardi che verranno distribuiti soltanto finchè l’Italia accetterà docilmente i diktat di Bruxelles.
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