E’ doveroso e opportuno, però, distinguerle nettamente da quelle società di più grandi dimensioni che in passato hanno approfittato, creando in modo speculativo la pericolosissima bolla del cosiddetto corporate debt. Queste ultime, guarda caso, oggi sono in prima fila a chiedere gli aiuti di stato.
La società americana Janus Henderson, tra le più grandi al mondo nella gestione di capitali con quasi 300 miliardi di dollari di assets under management, ha recentemente pubblicato il suo primo rapporto annuale, il Corporate Debt Index (JDCDI). La società ha sede a Londra ma è quotata a Wall Street. L’indice coinvolge 900 delle maggiori corporation internazionali non finanziarie e non immobiliari. E’ concentrato soprattutto sul settore corporate bond, quello delle obbligazioni.
Secondo l’Index, nel 2019, senza Covid quindi, il debito corporate in bond, al netto del cash, aveva raggiunto il totale record di 8.300 miliardi di dollari con un aumento annuo di 625 miliardi, pari all’8,1%.
Da sole 25 corporation hanno accresciuto il loro debito in obbligazioni di 410 miliardi. Gli Usa detengono il 51% del totale e l’Unione europea il 23%. In Europa la Germania ha il 38%, l’Italia il 9%.
Secondo l’agenzia Standard&Poors, solo il mercato delle obbligazioni corporate sarebbe globalmente di circa 13.000 miliardi di dollari, tre quinti dei quali negli Usa.
La somma succitata non considera la liquidità presente in certe società. Infatti, alcune corporation americane, come Alphabet proprietaria di Google con 104 miliardi di cash, sono strapiene di liquidità, per cui i debiti sono sicuramente di dimensione maggiore.
La società più indebitata è la tedesca Volkswagen, con un’esposizione quasi pari al debito di nazioni come il Sud Africa e l’Ungheria. Cinque delle prime dieci imprese più indebitate sono del settore dell’auto. Le case automobilistiche tedesche VW, Daimler e Bmw insieme contano ben 762 miliardi di dollari di corporate debt. Non a caso nella lista per nazioni la Germania è seconda, dopo gli Usa.L’indebitamento delle imprese italiane incluse nell’indice è cresciuto più lentamente. Il comparto delle utilities è quello con un indebitamento maggiore.
Il rapporto stima che nel 2020 l’aumento del corporate debt sarà di oltre mille miliardi, il 12% in più! Il 2020 sarà un anno horribilis poiché si prevedono una forte caduta dei profitti e, di conseguenza, una maggiore difficoltà nei pagamenti degli interessi sui debiti.
I tassi d’interesse molto bassi e la crescente assunzione del rischio da parte delle imprese hanno indubbiamente favorito la crescita dell’indebitamento. I capitali raccolti sono stati destinati principalmente all’acquisizione di altre imprese. Ben 9 delle 10 imprese che hanno maggiormente aumentato il loro indebitamento, hanno usato i fondi per tale scopo.
Alcuni hanno riacquistato le proprie azioni sul mercato. Si tratta di un fenomeno tipicamente americano: le imprese hanno speso globalmente oltre 710 miliardi di dollari in simili operazioni. La metà delle quali, secondo Goldman Sachs, sarebbe stata fatta con nuovi debiti.
Agli investimenti sono andati soltanto gli spiccioli rimasti. Tutte queste situazioni di solito determinano in poco tempo crisi recessive. Si tenga presente che nel 2019 gli utili si sono già ridotti per le tensioni sul fronte commerciale e per la decelerazione dell’economia mondiale, ancora in corso.
In sintesi, le preoccupazioni degli analisti derivano dal fatto che negli ultimi 5 anni la crescita degli indebitamenti ha ampiamente superato quella degli utili. Il rapporto tra il debito netto (senza il cash) e il profitto è passato dal 251% del 2014 al 310% del 2019.
Senza ledere l’autonomia delle attività imprenditoriali, le autorità preposte dovrebbero verificare i bilanci effettivi per evitare fallimenti, licenziamenti e i riverberi negativi sull’intera economia dei singoli paesi.
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