Prima l’hanno chiamato Recovery Fund, ovvero piano di rilancio, poi con un richiamo a Star Trek l’hanno ribattezzato “Next Generation Ue”, ovvero Prossima Generazione Ue. In verità rischia di passare alla storia come il “Requiescat in Pace” ovvero l’atto di morte dell’Unione Europea. Almeno di quella fin qui conosciuta.
In effetti è sempre più difficile scommettere sulla sopravvivenza di una presunta potenza europea incapace, a oltre 5 mesi dallo scoppio della pandemia, di trovare un’intesa per arginare una bufera economica potenzialmente più letale del virus che l’ha generata. Certo l’incapacità di decidere e accordarsi non è una novità di queste ore. Nel 2010 la Grecia crollò sotto gli occhi di un’Unione troppo distratta per realizzare che i prestiti concessi ad Atene non erano più medicina, ma veleno. Nel 2015 la Turchia riuscì a ricattarci ed estorcerci sei miliardi di euro grazie all’incapacità di Bruxelles di rispondere alla minaccia migratoria. E da oltre sei anni l’Italia rimane terra di sbarco sotto gli occhi indifferenti di Bruxelles.
Ma evidentemente i germi che contaminavano l’Olanda infettavano anche un’ Europa concepita in una Bruxelles dove si teorizzava la possibilità di rinunciare ad un’identità comune per reggersi, invece, soltanto sul reciproco interesse. Proprio quell’illusione permise la firma di un Trattato di Maastricht sottoscritto senza chiarire a quali visioni si ispirasse la nascente creatura europea. Da lì anche l’altro peccato originale di un Trattato che disegnò l’architettura istituzionale dell’Unione Europea senza chiarire se a guidarla dovesse essere la Commissione o il Consiglio Europeo. Da quell’aborto all’Europa prigioniera dei diktat del piccolo Rutte il passo è breve. Diktat che non a caso vertono sull’eterno dissidio ovvero se a guidare, valutare e giudicare l’assegnazione dei 750 miliardi debba essere una Commissione, teorico organo di governo dell’Unione, o un Consiglio Europeo in cui anche staterelli come l’Olanda o il Lussemburgo vantano un diritto di veto.Ma quel dissidio è riuscito in soli tre giorni a portare all’agonia l’Europa e disegnare quel che le sopravvivrà. Non più una presunta grande potenza, ma soltanto le sue rovine disseminate attorno ad un blocco centrale franco-tedesco eroso, peraltro, dalle eterne rivalità tra Berlino e Parigi. Ai quattro punti cardinali della defunta Unione sembrano pronti ad emergere tre macro-cantoni. Dal centro al nord dominano i cosiddetti “frugali” (Olanda, Austria, Svezia, Danimarca e Finlandia). Sul “litorale meridionale” le spoglie di Spagna, Italia e Grecia minacciate dal rischio dell’insolvenza sovrana. A Est un’Europa di Visegrad sempre più allergica al concetto di stato di diritto prefigurato da Rutte o da altri epigoni del politicamente corretto.
Ma alla fine anche per l’Europa varrà la sentenza di morte pronunciata per tante vittime del Covid. A ucciderla non è stato il contagio, ma la debolezza figlia del suo male oscuro.
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