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Sembrava cosa fatta. La fusione tra Fiat Chrysler Automobiles e Group Renault avrebbe dovuto portare alla costituzione del terzo polo mondiale dell’automobile. Ma qualcosa è andato storto – sono volate accuse di interventismo, protezionismo, provincialismo. Una cosa sola è certa – in Francia c’è molta gente a cui non piace la FCA.
Cioè, spieghiamo meglio – in Francia a molti non piace l’idea di lasciare il controllo ed il grosso del malloppo in mani straniere. E’ la vecchia storia dei cantieri Atlantique dei quali avevamo già parlato. In fin dei conti niente di nuovo. Che poi se vai a vedere non hanno neppure tutti i torti – “lo Stato vigilerà sul rigoroso rispetto di quattro condizioni: il rispetto dell'alleanza Nissan-Renault, il preservare siti industriali e forza lavoro, governance equilibrata (cioè presenza di governativi francesi all’interno del Consiglio di Amministrazione?) e la partecipazione del futuro gruppo ai progetti europei sul fronte delle batterie elettriche” – queste le parole che aveva pronunciato il Ministro dell’Economia Francese Bruno Le Maire. Pare anche volesse la sede operativa della nuova società in Francia. Interventismo. C’è poco da fare.
Ma non è mica una cosa brutta di per sé. Anzi, magari a qualcuno venisse sul serio in mente di mettere fine a questo neoliberismo assassino che fa solo gli interessi delle grandi concentrazioni di capitale e mai né dei lavoratori né dei cittadini in generale. Il problema non è questo. Il problema è che quando ci proviamo noi a difendere i nostri interessi patri ci insultano in tutti i modi possibili immaginabili – e che siamo populisti, nazionalisti, protezionisti, e che non abbiamo mentalità europea, siamo beceri sovranisti, con noi non si può ragionare e via dicendo. Se alzi la mano e dici – posso emettere i miniBot? Ti mettono dietro la lavagna in punizione sui ceci, agli altri invece va bene tutto. Se il protezionismo lo fanno francesi e tedeschi si chiama difesa degli interessi nazionali e garanzie per i lavoratori, se lo facciamo noi si chiama ‘mangiaspaghetti’ a tradimento.
Ironia social in azione: Insomma che dire, sfogata la polemica e presa un minimo di rivincita con l’ironia, passiamo ora all’articolo puramente informativo, nel caso qualcuno si fosse perso qualche passaggio della vicenda. Tanto più che riderci un po’ sopra altro non si può fare.
F.C.A. - Fiat Chrysler Automobiles, Nata nel 2014 dalla fusione tra l'italiana Fiat S.p.A. e la statunitense Chrysler Group, ne fanno parte i marchi FIAT, Alfa Romeo, Lancia, Maserati, Fiat Professional, Abarth, Jeep, Chrysler, Dodge, Ram Trucks, Mopar, SRT. Sede legale Amsterdam, domicilio fiscale Londra (non chiedetemi perché), un anno fa a luglio ne assume la Presidenza John Elkann poco prima della morte di Marchionne. Elkann tra l’altro è vicepresidente del Gruppo editoriale GEDI e fa parte del comitato direttivo fisso del gruppo Bilderberg.
Questo giusto per dire che, almeno io personalmente, non mi sento di fare il tifo né per i francesi né per gli italiani dal momento che non lo so se i francesi stiano veramente facendo gli interessi dei francesi ma sicuramente gli italiani (ammesso che in questa storia ce ne siano) non stanno certo facendo gli interessi degli italiani (sì è vero, sono prevenuto). Ora, ad un certo punto (27 maggio) la FCA propone una fusione alla Renault per dare appunto vita al terzo gruppo al mondo per volumi di auto prodotte. Il piano di fusione viene presentato a Parigi direttamente da Elkann al Presidente Emmanuel Macron e al ministro Le Maire, anche perché effettivamente lo Stato francese è azionista della Renault con il 15% (altro 15% lo hanno i giapponesi della Nissan). Il piano prevede una spartizione delle azioni al 50% tra FCA e Renault. Sembra tutto ok solo che dopo poco iniziano i problemi – la Nissan-Mitsubishi, che oltre a possedere il 15% di Renault è a sua volta posseduta al 43% da questa (roba da esorcista), dichiara per bocca del suo amministratore delegato Saikawa: “…la proposta attualmente in discussione è una fusione completa che se realizzata modificherà in maniera significativa la struttura del nostro partner Renault e questo richiederebbe una integrale revisione dell'attuale rapporto tra Nissan e Renault quindi analizzeremo attentamente nei nostri interessi le attuali relazioni contrattuali e come potremo operare in futuro”. Il ché tradotto dal giapponese significa: “occhio signori, non ci provate a fare i conti senza di noi”. Dopo di questo, appunto, notizia della settimana scorsa, Le Maire fa il ‘discorso della montagna’ ponendo le famose quattro condizioni: 1. Rivalutazione di Renault con il pagamento di un maggiore dividendo ai francesi, 2. L'ingresso di un esponente del governo nel cda della nuova società, 3. Il mantenimento del quartier generale a Parigi, 4. La salvaguardia dei posti di lavoro. A quel punto la notte del 5 giugno Elkann manda tutto in vacca e accusa Parigi di interventismo: “…E' divenuto chiaro che non vi sono attualmente in Francia le condizioni politiche perché una simile fusione proceda con successo". Che poi tra un po’ magari si rimettono pure insieme. Tanto alla fine cosa cambia. Con la sede legale in Olanda e quella fiscale a Londra, il grosso degli affari in America, una FIAT che sta di fatto ovunque tranne che in Italia, un presidente bilderberghiano e mezzo mondo in cassaintegrazione a carico dello Stato italiano, delocalizzazione e tutto il resto, dati causa e pretesto, cosa vuoi che cambi.
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