Al termine di una lunga indagine nella quale non gli erano stati certamente lesinati i mezzi, il procuratore Robert Mueller ha dovuto sostanzialmente gettare la spugna, consegnando un rapporto finale in cui si afferma che non è stato possibile provare una collusione tra la Trump campaign e la Federazione Russia. È stato inoltre ammesso – fatto non meno importante – che non vi è stata neppure alcuna “ostruzione di giustizia” da parte dell’attuale inquilino della Casa Bianca.
Effetti positivi dovrebbero registrarsi anche sul morale del Presidente, che potrebbe adesso sentirsi più libero nei suoi rapporti con la Federazione Russa. Sappiamo infatti da Bob Woodward che Trump aveva reagito assai emotivamente alla nomina dello Special Counsel, dichiarando apertamente di non sentirsi più Presidente, dal momento che l’avvio dell’indagine avrebbe trasformato ogni eventuale passo fatto nei confronti di Vladimir Putin in una prova ulteriore della sua sospetta collusione con Mosca. Questo rischio si è ora consistentemente attenuato.
È interessante altresì notare come la “resa” di Mueller sia giunta proprio in corrispondenza con il senso di crescente allarme che sta emergendo tra gli americani nei confronti dell’ascesa della Repubblica Popolare Cinese.Alla sorpresa commerciale rappresentata dall’affermazione del 5G cinese e a quella tecnologica maturata nel cosmo, proprio in questi giorni si è aggiunto lo scacco riportato a Roma, dove la diplomazia americana non è riuscita a convincere il Governo italiano a desistere dal suo proposito di firmare il Memorandum politico di adesione al progetto delle Vie della Seta, sottoscritto invece sabato 23 marzo scorso insieme ad una pioggia di intese nei più svariati settori, al margine di una visita di Stato del presidente Xi Jinping.
I leader cinese si è successivamente recato anche in Francia, dove ha avuto modo di incontrare altre personalità di primo piano della vita politica francese ed europea, corroborando l’impressione di una saldatura euro-cinese ormai possibile, se non addirittura in procinto di perfezionarsi.
In questa situazione, non è escluso che lo Special Counsel abbia voluto evitare di contribuire con una pronuncia contro Trump all’indebolimento ulteriore della posizione americana rispetto alla Cina, nei confronti della quale tutte le forze politiche e buona parte di quelle intellettuali Usa sono ormai mobilitate senza distinzione di affiliazione.
In ogni caso, il senso di viva inquietudine impadronitosi di Washington e l’imprevista conclusione dell’indagine di Mueller potrebbero adesso restituire spazi importanti all’autonomia del presidente Trump, mettendolo finalmente nelle condizioni di rilanciare il dialogo con la Russia che l’attività dello Special Counsel aveva sostanzialmente indotto a congelare. In realtà, mentre il Russiagate imperversava legando le mani a Trump, sono comunque subentrati in America e altrove altri avvenimenti avversi dai quali sono discesi ulteriori vincoli che sarà molto difficile eliminare, in particolare in seguito al controverso caso Skripal.La sconfitta di Mueller e la vittoria di Trump vanno quindi salutate con favore, ma con la sobrietà che contraddistingue i giudizi laici e soprattutto senza farsi eccessive illusioni. Trump ha di sicuro sete di rivincita nei confronti delle forze e dei poteri che lo hanno condizionato finora. Ma ci sono altre inchieste aperte ed incombe comunque l’inizio di una lunga campagna presidenziale durante la quale sarà davvero arduo firmare accordi internazionali ai quali si opponga parte dell’opinione pubblica. Anche se il tycoon ci ha abituato alle sorprese, è quindi improbabile che ce ne riservi una sul ‘fronte russo’, almeno in questo residuo scorcio finale del suo mandato alla Casa Bianca. Dopo il 2020, chissà.
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