Tanto fumo e nessun arrosto. E’ questa la conclusione del Russiagate, ovvero la più sfacciata e pericolosa bufala, o come la chiamano loro “fake news”, imbastita, messa in piedi e sostenuta dai cosiddetti “liberal” americani per giustificare la sconfitta di Hillary Clinton e spiegare l’imprevista vittoria di Donald Trump alle elezioni del novembre 2016. Lo afferma e lo sancisce Robert Mueller, ovvero quel “super procuratore” che nelle speranze non solo dei democratici statunitensi, ma di tutte le forze liberal e politicamente corrette del globo doveva sancire la collusione di Donald Trump con la perfida Russia di Vladimir Putin provando le manovre orchestrate dal Cremlino per portare alla casa Bianca una marionetta alle proprie dipendenze. Peccato fossero tutte invenzioni e fantasie perché “L’inchiesta del Super procuratore ha concluso che il comitato elettorale di Donald Trump e alcuno dei suoi consiglieri non hanno cospirato o non si sono coordinati con la Russia nello sforzo di influenzare le elezioni generali del 2016”.
Nel clima di sospetto creato con l’ausilio di importanti media come “New York Times”, “Washington Post” e Cnn le promesse elettorali di Donald Trump, pronto ad avviare un dialogo con il Cremlino ed alleviare la tensione tra grandi potenze instauratasi durante la presidenza Obama sono state spacciate per una prova della collusione. E così i grandi complessi militari industriali che grazie al Premio Nobel per la Pace Obama avevano incassato importanti commesse sfornando sistemi d’arma utilizzabili solo in uno scontro con la Russia hanno continuato a fatturare miliardi di dollari. E a garantire lauti finanziamenti al partito democratico. Così l’escalation della tensione manifestatasi con il cambio di regime in Ucraina e il conflitto siriano - entrambi sostenuti dall’amministrazione Obama - si è intensificata raggiungendo punte drammatiche. La conclusione dell’inchiesta ci svela dunque un’altra drammatica verità.
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