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Se gli italiani credevano di essersi finalmente liberati dalle clausole di salvaguardia, per intenderci quelle che prevedevano l'aumento dell'Iva in caso di sforamento degli accordi con l'Ue, potrebbero essersi illusi.
Sarebbe infatti allo studio del ministro Tria e dei funzionari del Mef la possibilità di reintrodurre codeste clausole per garantire a Bruxelles che l'Italia non sforerà il rapporto deficit/Pil oltre quel 2,4% che diventerebbe, a tutti gli effeti, un tetto massimo invalicabile. Questa volta non si chiamerebbero più clausole "di salvaguardia", ma "anti-sforamento".
Se così fosse, quindi, l'Italia accetterebbe un compromesso per sottostare alle regole della Troika, evitando l'attivazione di una procedura della Commissione per infrazione da debito eccessivo. Così, alla faccia della sovranità del popolo italiano, l'Eurocrazia potrebbe di nuovo metter becco nella politica nostrana nonostante le dichiarazioni urlate dal Governo. Qualcuno magari saluterà questa decisione come realpolitik, ma la sensazione è che alla fine neanche l'Italia del 2018 riesca a scalfire quella maledetta burocrazia comunitaria che ha distrutto la Grecia e aumentato la povertà in tutti i Paesi più fragili dell'Unione, mascherandosi dietro il paravento delle regole "inamovibili".
Guardando oltre il cortile di casa nostra, vediamo come la situazione in Spagna sia drammatica, con un'economia che cresce più che da noi, ma in cui la povertà non arretra: 1 milione 400mila bambini vivono in stato di grave povertà, secondo un recente rapporto dell'Unicef. La cifra salirebbe a 2,3 milioni se si contano quelli a rischio povertà, mentre 1 milione di nuclei familiari nei quali vive un minore ha almeno un genitore disoccupato. Viene spontaneo domandarsi dove sia in questi casi "l'Unione Europea dei parametri". Con la pancia piena e i bicchieri colmi, dagli scranni di Bruxelles i burocrati insistono a sproloquiare sul rispetto di freddi numeri: è assolutamente inaccettabile che tali discorsi giungano proprio dai politici, eletti per risolvere certe situazioni critiche e non per far quadrare i conti di un'azienda privata.
L'Italia farebbe bene a pretendere dall'Unione un nuovo trattato in cui si metta nero su bianco che vi sia un parametro della povertà superato il quale ogni Stato membro è libero di riapppropriarsi della sovranità per difendere la sopravvivenza del suo popolo. E non sarebbe nemmeno un concetto totalmente nuovo. Un certo Robert Kennedy ne aveva già parlato tempo fa, per l'esattezza il 18 marzo del 1968: Con troppa insistenza e troppo a lungo, sembra che abbiamo rinunciato alla eccellenza personale e ai valori della comunità, in favore del mero accumulo di beni terreni. Il nostro Pil ha superato 800 miliardi di dollari l'anno, ma quel Pil — se giudichiamo gli USA in base ad esso — comprende anche l'inquinamento dell'aria, la pubblicità per le sigarette e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana. Il Pil mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende il fucile di Whitman e il coltello di Speck, ed i programmi televisivi che esaltano la violenza al fine di vendere giocattoli ai nostri bambini.Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Comprende le auto blindate della polizia per fronteggiare le rivolte urbane. Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori famigliari o l'intelligenza del nostro dibattere. Il Pil non misura né la nostra arguzia, né il nostro coraggio, né la nostra saggezza, né la nostra conoscenza, né la nostra compassione, né la devozione al nostro Paese. Misura tutto, in poche parole, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.
Ecco, per restituire agli occhi dei cittadini europei la visione di un'Unione come istituzione umana e civile, forse sarebbe il momento di misurare il benessere di una società con criteri "nuovi", quelli desiderati da Kennedy cinquant'anni fa. Oggi, invece, l'Ue degli Juncker, dei Moscovici, degli Oettinger, dei Dombrovskis è un apparato di contabili con calcolatrice alla mano, o peggio ancora di esecutori di ordini altrui, che ha perso contatto con quella realtà nella quale vivono e annaspano tutti gli altri europei, i quali stanno dunque premiando con sempre maggiore frequenza i partiti anti-sistema.
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