In passato avevamo ricordato il detto "I soli amici dei curdi sono le loro montagne" e nessuno dovrebbe credere che tale espressione sia un'esagerazione retorica: tra i nemici, numerosi, non ci sono solo gli Stati vicini che da secoli li opprimano o li strumentalizzano per i loro scopi, purtroppo ci sono anche "altri" curdi. I giornalisti interessati soltanto a semplificare i fatti parlano, seppur correttamente, dello sterminio condotto dall'esercito turco contro gli abitanti di Afrin, conquistata completamente il 18 di marzo dopo quasi tre mesi di assedio. Tuttavia, ciò di cui nessuno parla è il fatto che nel Rojava (nome dato al territorio nel nord della Siria liberato dai Peshmerga siriani a seguito della loro vittoria sull'ISIS) esistono almeno due organizzazioni curde che si combattono tra loro. Si tratta dell'ENKS (Consiglio Nazionale Curdo, controllato dal Partito Democratico Curdo di Siria) e del TEV-DEM (Movimento per una Società Democratica, espressione del PYD, l'ala politica dei Peshmerga dello YPG). Il primo ha sedi a Qamishli (Siria) e a Erbil (nel Kurdistan iracheno) ed è considerato una creazione voluta da Massoud Barzani, il leader del Partito Democratico curdo-iracheno. Il secondo è basato solamente in Siria ed è sospettato di essere il braccio siriano del PKK turco.
Durante la battaglia di Afrin entrambi hanno denunciato le violenze in corso ma, mentre l'ENKS si limitava a chiedere la fine dei combattimenti e domandava un intervento internazionale che ridesse la sovranità agli abitanti della zona previa la ritirata delle truppe neo-ottomane, il secondo appoggiava la resistenza dei locali Peshmerga e parlava del genocidio in corso contro i civili e della sostituzione dei curdi autoctoni con popolazioni arabe importate da Azaz e dal Ghouta. Le ostilità tra i due non si sono però limitate a semplici dichiarazioni contraddittorie tra loro ma sono arrivate all'accusa di tradimento con arresti e processi da parte del TEV-DEM contro i leader del gruppo opposto. Uno degli esponenti del Partito Democratico di Siria, tale Faysal Yusuf, è stato arrestato il 2 aprile dai servizi segreti dello YPG e contro il leader dell'ENKS, Ibrahim Biro è stato emesso un mandato di cattura. Lo stesso provvedimento è stato eseguito contro il rappresentante della Coalizione Nazionale Siriana, il curdo Fouad Eliko. Tale Coalizione, di cui l'ENKS fa parte, è un'organizzazione anti-Assad sponsorizzata dalla Turchia e voluta dal Barzani. Da ciò l'accusa di tradimento a favore dei turchi.
La verità è che tra curdi siriani e curdi iracheni non esistono gli stessi interessi. Anche se tutti parlano di "unità del popolo curdo" e chiedono pubblicamente la nascita di una sola nazione unitaria, esistono ambizioni e rivalità personali tra gli uni e gli altri e gli altri ancora e ciascuno punta a una propria egemonia sui confratelli vicini.
I curdi iracheni, gia' divisi al loro interno tra i tre maggiori partiti sostenuti rispettivamente (e larvatamente) da Iran e Turchia, hanno da qualche tempo un contenzioso aperto e molto duro con Baghdad e uno di loro (il PDK di Barzani) non puo' prescindere dall'appoggio turco se vuole continuare a garantirsi il transito di merci e petrolio verso il mondo esterno, essendo chiuse le possibilità di farlo attraverso l'Iran o lo stesso sud dell'Iraq. E' quindi indispensabile per Erbil non avere rapporti conflittuali con Ankara e lo schierarsi militarmente con i curdi combattenti contro l'esercito del nuovo Sultano significherebbe perdere l'unico appoggio strategico in loco attualmente disponibile. Da qui l'equilibrismo obbligato tra il sostenere la "curdicità" universale e la presa di distanza reale dagli avvenimenti bellici nel Rojava.
Si spiega così anche il tollerare, da parte del Governo curdo — iracheno, i frequenti sconfinamenti di aerei e carri armati turchi dentro i confini del loro territorio, con bombardamenti di villaggi e morti di civili giustificati ufficialmente con la necessità di inseguire i combattenti del PKK che in quelle zone, oltre confine, sembrano trovare rifugio dopo gli attacchi perpetrati in territorio turco. Negli ultimi giorni, le truppe di Ankara hanno occupato la cima di otto montagne, ben venti chilometri entro i confini iracheni e a una montagna di distanza dalla zona ove stazionano i guerriglieri del Partito Democratico del Kurdistan Iraniano (ecco un'altra delle organizzazioni armate che battono quelle aree).
Sia l'esercito turco sia il PKK sostengono di avere "neutralizzato" numerosi reparti nemici, ma nessuno accenna alle perdite subite. Di fatto, nonostante le proteste e le contro minacce arrivate da Baghdad, Erdogan continua a spingere i propri soldati fuori dai propri confini sia in Siria che in Iraq e, secondo il sindaco curdo di una località della zona, quelle armate avanzano ogni giorno di più costringendo gli abitanti locali a lasciare le loro case e fuggire sempre più a est. I turchi si spingono anche verso sud-est, nella zona di Sinjar, quella abitata dagli Yazidi gia' vittime delle crudeltà dell'ISIS. Sprezzantemente nei confronti del diritto internazionale e dei confini di altri Stati, Erdogan dichiara che "(per farlo- ndr) Noi non chiediamo il permesso a nessuno… potreste sentire dei nostri nuovi obiettivi in ogni momento".
Mentre il Ministro della Difesa iracheno dichiara "L'Iraq non se ne starà con le mani in mano nel caso di qualunque minaccia contro il nostro territorio" e il Primo Ministro curdo afferma "Noi non accettiamo, né permettiamo, che la Regione Curdo — irachena venga usata per attaccare o commettere violenze contro i nostri vicini", i turchi fanno ciò che meglio credono, contando sulla dovuta complicità di Erbil e l'impossibilita' di Baghdad a reagire concretamente alla violazione dei confini statali.
Nel silenzio del mondo politico internazionale, Erdogan si fa un baffo di frontiere, di diritti umanitari e perfino della riconoscenza che il mondo civile deve a tutti i curdi per aver sconfitto l'ISIS al costo di migliaia di vite sacrificate per la nostra sicurezza. Come fu nel passato, tutti "amano" i curdi, tutti li usano e tutti li abbandonano dopo averlo fatto, facilitati dalle loro divisioni interne.
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