Nel Donbass si è riaccesa la guerra, mai del tutto spenta nonostante il cessate il fuoco, con il suo epicentro a Avdeevka, dove i combattimenti a inizio febbraio hanno provocato nuove vittime. La tregua non è mai stata veramente rispettata fin dai primi giorni dopo la stesura degli accordi di Minsk, oramai quasi dimenticati.
Al di là della politica, delle dichiarazioni ufficiali e dei grandi giochi geopolitici la prima vittima della guerra nel Donbass sono i civili, come in ogni guerra. Sputnik Italia ha raccolto la testimonianza del reporter Eliseo Bertolasi che ha fotografato la situazione direttamente da Donetsk, dove, nonostante tutto, la vita va avanti.

— Eliseo, raccontaci che cos'hai visto a Donetsk questi giorni?
— Che cos'è successo esattamente?
— A fine gennaio, inizio febbraio io non mi trovavo a Donetsk, però ti posso descrivere quello che ho visto questi giorni. Sono stato nei punti centrali della città di Donetsk, non intendo i soliti quartieri settentrionali tangenti all'aeroporto ampiamente colpiti nel corso della guerra. Sono stato ad esempio su una grande rotonda che da Donetsk porta a Makeevka, dove hanno tirato un missile molto potente Uragan a inizio del mese. Nella foto da me scattata si vedono gli effetti del missile. In questo stesso punto, mi ricordo benissimo, c'era un negozio, che ora non esiste più, è stato polverizzato. Tutto intorno sono saltati i vetri delle abitazioni, le piante sono divelte.

Mi accorgo anche questa volta purtroppo che i colpi arrivano proprio in zone abitate dai civili.
— Puoi confermare che si continua a sparare sui quartieri civili della città?
— Sì, l'elemento significativo è che hanno tirato con delle armi piuttosto potenti come gli Uragan non tanto le posizioni tangenti alla città, sui soliti quartieri che erano stati solitamente colpiti, ma addirittura i punti quasi centrali di Donetsk. Poco tempo fa nei quartieri centrali non si aveva più percezione di una guerra in corso. Lì dove la guerra sembrava un lontano ricordo, ci sono nuove ferite molto forti dovute ai bombardamenti.
— Sono passati anni dai famosi accordi di Minsk, il conflitto però sembra congelato e lontano da una soluzione. Com'è percepito il conflitto dai civili con cui hai parlato?— Girando per la città, parlando con la gente, la sensazione è che dopo questo congelamento del conflitto con gli ultimi eventi si arriverà alla cosiddetta "ora x". Si sono innescate una serie di dinamiche, c'è la sensazione che la situazione si stia smuovendo, io mi auguro che questo movimento porti verso la pace. La gente qui è stanca della guerra.
— I segni della guerra sono ancora molto visibili. La città è ancora da ricostruire?— Certamente, ci sono quartieri ancora distrutti, non è ancora in atto un programma di ricostruzione completo e articolato. Ci sono strutture sociali che si occupano di ricostruzione, alcune case sono state rimesse in funzione. Una volta terminata la guerra, la città dovrà essere sottoposta a una grandissima operazione di ricostruzione.
— Quali testimonianze ti hanno colpito maggiormente durante questo tuo ultimo viaggio a Donetsk?
— Nel quartiere dove ho visto i danni provocati al missile Uragan, c'erano delle signore di mezza età, alle quali ho fatto diverse domande, chiedendo loro cosa fosse successo e se avessero ancora paura. Loro mi hanno parlato di grandissimo sgomento e di tristezza.
Mi hanno detto queste parole: "Com'è possibile arrivare ad una guerra contro i civili? Com'è possibile che si possa arrivare a questo livello di violenza tra fratelli?".
Queste parole mi hanno scosso molto e mi hanno fatto riflettere.
— Al di là dei bombardamenti e della paura possiamo dire che la vita continua? La città di Donetsk va avanti?
— La vita certamente continua, se non fosse per le ferite sugli edifici che ricordano i bombardamenti. Nei supermercati sugli scaffali si vedono anche articoli per la casa, generi alimentari prodotti sul posto, ora col nuovo marchio "prodotto in DNR". Un segnale importante che indica una ripresa del settore industriale e agroalimentare.

La gente ha tanta forza e voglia di continuare nonostante tutto con molta determinazione. Quando chiedevo alla gente come si immaginassero il futuro, tutti mi rispondevano che il futuro era ancora incerto, vista l'escalation degli ultimi tempi, però su un fatto erano tutti convinti: indietro non si tornerà più, nulla sarà più come prima.
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