La gravidanza surrogata è legale in diversi Paesi, fra cui gli Stati Uniti, il Canada e la Russia. A causa del livello di povertà in alcuni Paesi tale pratica è assai diffusa, come ad esempio in India e in Ucraina, due mete fra le più economiche del settore. Per le coppie occidentali si tratta di un buonissimo "mercato".
In Italia la gravidanza surrogata è illegale, ma molti cittadini italiani ogni anno si rivolgono ad agenzie ucraine per usufruire dei loro servizi, descritti sui siti internet ucraini direttamente in lingua italiana. La gravidanza surrogata in Ucraina è molto più economica che negli Stati Uniti, si può ottenere un bambino a buon mercato, un vero affare diciamo.

— La pratica della gravidanza surrogata prolifera proprio in Paesi con un forte tasso di povertà, come l'India e l'Ucraina. Possiamo dire che questo aspetto sottolinea il legame fra gravidanza surrogata e mercificazione del corpo della donna che soffre la povertà?
— È uno dei tanti drammatici risvolti della crisi dei Paesi più poveri, ma è anche un drammatico risvolto di un Occidente che sta sempre più facendo della vita e del corpo umano un oggetto di commercio. Dico Occidente perché così come in Ucraina così in India quasi sempre è dall'Occidente che arrivano queste coppie desiderose di comprare e di produrre dei figli, come se i figli fossero diventati degli oggetti di cui doversi fornire.
Tutto ciò è drammatico e la comunità internazionale deve finalmente porre sullo stesso livello il problema dell'"utero in affitto" così come lo fa con i grandi problemi della tratta internazionale degli schiavi o la prostituzione.
— In Italia è vietata la gravidanza surrogata, ma ci sono tanti italiani che ricorrono a questa pratica rivolgendosi ad altri Paesi, come l'Ucraina dove addirittura sui siti internet i servizi sono descritti già in italiano. Questi casi come si inseriscono nella realtà italiana dove la pratica è illegale? Qualcosa non torna, no?
— In Italia la pratica è vietata, ma sarebbe vietato anche sponsorizzarla e pubblicizzarla. Purtroppo i tribunali e i giudici, quando una coppia torna dall'estero avendo sfruttato questa pratica, con un'interpretazione assolutamente ingiusta e anche contraria secondo noi ai diritti della dignità umana, riconoscono comunque il figlio alla coppia che l'ha comprato. Questo lo spiegano dicendo che è nell'interesse maggiore di quel bambino crescere con le persone che l'hanno comprato. Questo per noi è un paradosso: alle persone che hanno speso dei soldi per pagare una donna, perché vendesse suo figlio, viene riconosciuto il diritto di tenere il bambino, che non è figlio naturale di almeno di una delle due persone.
Come spesso succede anche in altri casi, sono i giudici che inventano delle vere e proprie leggi e permettono quello che in Italia è totalmente illegale. Noi in Italia abbiamo molto protestato e chiediamo una legge che vieti anche la possibilità di vedersi riconosciuta la genitorialità quando si pratica all'estero l'"utero in affitto". Servirebbe una convenzione per tutelare la dignità della donna innanzitutto e quella della vita nascente.
— Alle coppie che non possono avere figli o alle coppie omossessuali che vorrebbero dei figli e ricorrono a queste pratiche tu cosa diresti?
— Direi che il figlio non è assolutamente una cosa che si può acquistare o che si può andare a prendere da qualche parte. Il figlio è un essere umano che ha i propri diritti e la propria dignità: prima che essere figli di qualcuno, siamo esseri umani e nessuno può fare di un altro essere umano un oggetto di diritto. Una persona è un soggetto di diritto.
Queste pratiche rendono l'essere umano un prodotto, un commercio, un business. Attorno a questa pratica nascono servizi di natura legale, sanitaria e commerciale. Che le coppie siano omosessuali o eterosessuali non fa nessuna differenza, acquistare un essere umano si chiama schiavitù.
— Una variante allora per le coppie eterosessuali sarebbe adottare dei bambini rimasti orfani a tuo avviso?
— Assolutamente sì, se hanno questo naturale e comprensibile desiderio di genitorialità, che tutti gli uomini hanno nel loro cuore, certamente possono dimostrarlo a chi i genitori li ha persi. Questo nei confronti dei bambini rispettando il loro diritto a ritrovare un papà e una mamma. Siamo chiaramente contrari all'adozione per le coppie dello stesso sesso, perché non rispettano i diritti di quel bambino ad avere un papà ed una mamma.
— Tornando al tema della gravidanza surrogata, da un punto di vista psicologico, come potranno queste coppie spiegare il modo in cui è nato il figlio: secondo catalogo, seguendo modalità commerciali e in cambio di soldi?
— In realtà le scienze psicopedagogiche dimostrano che sempre un essere umano mantiene dentro di sé la necessità di scoprire qual è il legame biologico con i suoi genitori reali. Questo fenomeno si manifesta anche nei bambini che sono stati adottati. In particolare si riscontra nei casi di bambini nati con procreazione artificiale o ancora peggio con l'"utero in affitto".
I bambini manifestano un grande disagio quando scoprono di essere frutto di pratiche commerciali e spesso vanno alla ricerca dei loro genitori reali, e le coppie che li hanno avuti con queste pratiche spesso non hanno il coraggio di dire tutta la verità sui metodi con i quali hanno ottenuto il bambino. Si ricorre spesso a delle bugie: ci sono tantissimi libri di favole scritti per raccontare in modo fiabesco la nascita di questi bambini. In tutto il mondo è pieno di questi libri che vengono usati addirittura nelle scuole. Questa è la falsificazione di una realtà molto più drammatica che di cui i ragazzi poi sentono le ferite sulla loro pelle.
— Tu sostieni la tesi, quindi, secondo la quale avere un figlio non è un diritto da ottenere a tutti i costi?
— Assolutamente! È un diritto poter vivere la propria vocazione ad essere un padre o una madre, ma questo diritto è reale se rispetta il diritto degli altri, cioè anche il diritto del figlio ad avere un padre e una madre, ad averli in modo naturale. Altrimenti questo significherebbe che una persona può decidere dell'esistenza di un'altra, questa si chiama schiavitù e ci riporta indietro nel passato, non verso il progresso, come viene sbandierato da varie associazioni.
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