Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha affermato quest'oggi che la decisione dell'Iran di potenziare il proprio programma nucleare non può che essere la prova del fatto che la Repubblica Islamica punti a dotarsi di armamento nucleare.
In questo senso, il leader del Likud ha ribadito la ferma intenzione dello Stato ebraico di far sì che ciò non accada mai:
"Israele non permetterà all'Iran di produrre armamenti nucleari", sono state le parole del capo di stato riportate dalla Reuters.
Nelle scorse ore l'Agenzia Atomica Internazionale (IAA) ha confermato che i suoi ispettori stavano monitorando le attività nella struttura di Fordow e che il direttore generale Rafael Mariano Grossi presenterà un rapporto dettagliato ai Paesi membri nel corso della giornata odierna.
La scorsa settimana l'Iran aveva confermato proprio all'IAA la propria intenzione di avviare il processo di arricchimento dell'uranio sopra il 20%, ovverosia la quota raggiunta prima degli Accordi sul nucleare di Vienna del 2015.
L'assassinio di Mohsen Fakhrizadeh
Tale totale discostamento dagli Accordi di Vienna è stato intrapreso da Teheran in seguito all'assassinio, avvenuto alla fine del mese di novembre, del rinomato fisico nucleare Mohsen Fakhrizadeh.
Accordo sul nucleare iraniano del 2015 (PACG)
Il PACG, noto anche come Accordo sul nucleare di Vienna, è stato firmato nel 2015 da Iran, Cina, Francia, Germania, Russia, Regno Unito, Stati Uniti, insieme all'Unione Europea.
L'Iran avrebbe dovuto ridimensionare il suo programma nucleare e ridurre drasticamente le proprie riserve di uranio in cambio dell’annullamento delle sanzioni.
Tuttavia, nel 2018 il presidente americano Donald Trump ha annunciato il ritiro unilaterale dall'accordo, avviando la strategia di nuove, rigide, sanzioni nei confronti dell’Iran. Da quel momento l'Iran si è gradualmente allontanato da alcune delle disposizioni dell'accordo nucleare, comprese le limitazioni sui livelli di arricchimento dell'uranio.
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