Il virus è iniziato a circolare nei rifugi e si è diffuso velocemente nelle feste après ski dell’Ibiza delle Alpi. E proprio da Ischgl, paesino di 1.500 abitanti nel Tirolo austriaco, il Covid si è diffuso in mezza Europa. La memoria del maxi-focolaio Covid che la scorsa primavera ha sconvolto il Vecchio Continente, tanto da suscitare una class action che ha raccolto migliaia di adesioni, soprattutto da parte di cittadini tedeschi, è ancora viva.
Anche per questo, nei giorni scorsi la cancelliera Angela Merkel, da Berlino, ha fatto un appello per la chiusura delle piste da sci in tutta Europa almeno fino al dieci gennaio. L’obiettivo è evitare che si verifichino scenari simili a quello della valle di Paznaun.
Ma la proposta non piace alle autorità svizzere, le quali hanno fatto sapere che i "settemila chilometri di piste da sci e i quasi duemila impianti di risalita" che si trovano all’interno dei propri confini saranno aperti a tutti.
Poco importa se, come ricorda il Corriere della Sera, secondo l’Oms sia proprio Ginevra uno dei più preoccupanti focolai di Covid in Europa. I reparti di terapia intensiva sono al completo da settimane, ma questo non sembra preoccupare le autorità locali che sciorinano dati “confortanti”. Non più di cinquemila contagi al giorno. Ma il dato, osserva il Corriere, va rapportato ad una popolazione di soli otto milioni e mezzo di abitanti.
In realtà secondo fonti sanitarie sentite dallo stesso quotidiano la situazione sul fronte dei contagi non sarebbe così rosea. Anzi. “Il quadro è molto peggiore ad esempio di quello italiano”, dicono.
Il rischio è ovviamente quello di un esodo di massa dagli Stati confinanti, tra cui l’Italia, e dell’innesco di una possibile nuova ondata di casi.
Il governo svizzero assicura che si scierà in sicurezza: mascherine, distanziamento sociale, ingressi contingentati e sanzioni per chi non rispetta le regole. Ma il problema è quello che viene dopo: rifugi, ristoranti, bar, dove potrebbero verificarsi assembramenti di persone.
Critiche alla proposta della Merkel, condivisa dal premier Giuseppe Conte e dal presidente francese Emmanuel Macron, sono arrivate anche da Vienna. Ma l’Austria appare più cauta. “Se l’Ue vuole gli impianti chiusi, deve pagare per questo”, è la posizione del ministro delle Finanze austriaco, Gernot Blümel, citato dal Corriere, che stima in 2,4 miliardi di euro le perdite per una eventuale chiusura degli impianti nel periodo di Natale.
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