Come si esprimono le autorità tunisine in merito all’introduzione dei rifiuti italiani? Riusciranno i tunisini a far annullare l’accordo?
Un’offesa nazionale
Badr al-Din al-Qamoudy, presidente del Comitato tunisino per la lotta alla corruzione, ha definito l’accaduto una grande offesa per la Tunisia che sarebbe diventata la discarica dei rifiuti europei quando il Paese ancora non è giunto a risolvere le criticità relative allo smaltimento e al riutilizzo dei propri rifiuti.
“Dall’Italia sono stati portati comuni rifiuti urbani e non rifiuti industriali, come si cercava invece di dimostrare. Inoltre, le analisi di laboratorio hanno dimostrato che questi rifiuti costituiscono una minaccia ambientale poiché in alcuni campioni sono state rivelate tracce di zinco e mercurio. Questa è una vera e propria offesa per tutti i tunisini. Pertanto, il nostro Comitato ha iniziato a svolgere indagini approfondite in merito all’accaduto. Il primo ministro in persona monitorerà i futuri sviluppi della vicenda”, ha affermato.
Di chi è la colpa?
“Questo illecito non può essere stato posto in essere senza il benestare di alcune istituzioni quali la dogana e il Ministero dell’Ambiente. È curioso che la società tunisina che si occupava del trasporto di rifiuti italiani avesse un procedimento pendente con la dogana e il suo status giuridico non fosse stato identificato con precisione. Tuttavia, le è stato consentito di riprendere l’attività. La società è persino riuscita a ottenere una licenza per lo svolgimento delle operazioni di riciclo dei rifiuti sebbene non disponga della strumentazione necessaria a tal scopo. Gli ufficiali doganali hanno partecipato alla prima verifica dei container. I risultati dell’analisi del contenuto avevano dimostrato che per il 97% si tratta di materiali plastici di origine antropica. Ma ora sappiamo che era una menzogna”, ha spiegato.
La dogana nega le accuse
A sua volta, la Direzione generale delle dogane respinge le accuse. I funzionari ritengono, infatti, di aver posto in essere tutte le misure necessarie ai sensi della legislazione tunisina.
“La dogana tunisina era l’unica che poteva sapere di questo problema. Nessuno poteva sapere che erano stati importati rifiuti dall’Italia e che non erano rifiuti industriali. È strano che ora il nostro ministero venga accusato di complicità”, dichiara Haytam al-Zinad, rappresentante ufficiale della Direzione generale delle dogane.Secondo al-Zinad, le autorità doganali hanno concesso la licenza di conservazione di rifiuti che la società ha dichiarato come industriali dopo che la stessa società ha regolarizzato il proprio status giuridico e ha risolto la precedente controversia in essere con la dogana. Dunque, non vi erano carichi pendenti nei confronti della società importatrice dei rifiuti italiani.
“I risultati delle analisi condotte dall’Agenzia nazionale dei rifiuti in seno al Ministero tunisino dell’Ambiente hanno dimostrato che questi rifiuti plastici non sono pericolosi. Non abbiamo respinto in alcun modo la loro importazione poiché non vi erano motivazioni in tal senso. Quando i container di rifiuti sono stati consegnati a Susa, al quartier generale della società di smaltimento, la dogana ha verificato nuovamente la merce. È emerso che i rifiuti contenenti plastiche rappresentavano il 70% del totale, il che non corrispondeva affatto alla dichiarazione presentata in precedenza”, ha spiegato.
Ma la storia non finisce qui. Haytam al-Zinad continua: “La Direzione generale delle dogane ha deciso di impedire al proprietario di disfarsi di 70 container, nonché ha vietato l’importazione di 212 nuovi container. La dogana ha invitato la società a riesportare la merce in Italia per via delle ingenti spese che sta sopportando la parte tunisina per la conservazione della merce nel porto. Abbiamo cominciato a subire pressioni da varie parti sia in relazione alle recenti controversie legali sia per il fatto che dalla recente analisi le merci importate sono risultate non pericolose”.
Negligenza e illeciti ambientali
Il problema dei rifiuti italiani ha scatenato un’ondata di malcontento generale: le associazioni e le organizzazioni per i diritti umani hanno chiesto di aprire un caso sui sempre più frequenti illeciti in materia ambientale e di imporre sanzioni a coloro i quali stanno tentando di trasformare la Tunisia nella discarica europea.
Ramadan ben Omar, rappresentante del Forum tunisino per i diritti economici e sociali, ritiene che il legislatore tunisino debba inasprire le pene relative agli illeciti in materia ambientale colmando il vuoto normativo in cui versa oggi il Paese.
“Lo scandalo dei rifiuti italiani rispecchia l’inconsistenza dell’attuale sistema giudiziario tunisino che è basato più su lunghe pratiche burocratiche che su risposte rapide e concrete. Si sono dimostrati in maniera evidente sia la portata della corruzione tra i corridoi dell’amministrazione tunisina sia i tentativi di chi cercava meglio degli altri di fare a scaricabarile. Questa negligenza, questa impunità vanno contro la legge. Per poco ci siamo evitati una catastrofe ambientale nel Paese. Queste situazioni non possono rimanere impunite. I colpevoli dovranno essere trovati e coerentemente puniti”, conclude.
Lo scandalo dei rifiuti urbani italiani in Tunisia è cominciato già da agosto. In autunno sono state avviate le indagini che sono in corso ancora oggi.
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