Di Ivo Šebestík, dottore in scienze filosofiche, giornalista, storico e traduttore
Anzitutto ci tengo a precisare che non sono un esperto della Seconda guerra mondiale. I miei interessi di ricerca sono sempre stati rivolti verso l’antichità e l’Alto Medioevo. Tuttavia, la storia del XX secolo è il naturale prologo della contemporaneità ed esercita su di essa una grande influenza.
È noto che inizialmente Stalin tentò di trovare degli alleati tra le democrazie occidentali che, tuttavia, contavano piuttosto su uno scontro tra i 2 sistemi totalitari.

Il grande errore di Stalin fu quello di credere che la Germania avrebbe adempiuto alle obbligazioni del patto. Stalin, infatti, osservò i vincoli contrattuali in capo all’URSS fino all’attacco tedesco nell’ambito dell’Operazione Barbarossa. A mio avviso, all’inizio della marcia tedesca in URSS Stalin commise gravi errori e mise i propri soldati e ufficiali nella condizione necessaria di imparare l’arte della guerra direttamente sul campo. L’onere maggiore della guerra se lo sobbarcarono i soldati e i loro comandanti. E tutti coloro che in un modo o nell’altro lavoravano nelle retrovie per supportare la prima linea del fronte.Già da alcuni anni Mosca parla pubblicamente dei tentativi operati dai Paesi occidentali di riscrivere la storia della Seconda guerra mondiale anche ricorrendo allo svilimento del ruolo dell’esercito sovietico. Riporto un estratto di un articolo pubblicato dal Wall Street Journal nel 2005: “Oggi i revisionisti sostengono che il principale merito della vittoria su Hitler sia dell’URSS; infatti, è proprio sul Fronte orientale che le truppe tedesche hanno subito ben due terzi delle perdite vive. Tuttavia, la Russia, a differenza degli anglo-americani, ha combattuto solamente su un fronte”.
Chiaramente nessuno vuole mettere in discussione il contributo degli alleati occidentali nel raggiungere questa vittoria condivisa, ma non vi sembra che questa argomentazione dell’unico fronte sia un po’ di parte?
Sì, l’Unione sovietica ha combattuto su un “solo” fronte, ma si trattava di un fronte enorme: da Mosca a Berlino, da Leningrado al Caucaso. Tra l’altro, alla Conferenza di Jalta nel febbraio del 1945 Stalin promise agli alleati di avviare una guerra con il Giappone entro 3 mesi dalla fine della guerra in Europa. Lo promise e lo fece. Evidentemente Stalin fu molto più puntuale dei suoi alleati con la loro promessa di aprire un secondo fronte in Europa. Ad ogni modo l’URSS vinse contro il Giappone che vantava una superiorità tecnica e quantitativa. Ancora, però, non si capisce perché gli USA dovettero sganciare sul Giappone due bombe atomiche.
Le democrazie occidentali sono le maggiori responsabili della Seconda guerra mondiale. Nel caso della Cecoslovacchia i Paesi occidentali hanno adottato la posizione tedesca dato che comunque Boemia e Moravia da tempi immemori erano parte dell’impero tedesco. Di conseguenza, i tedeschi non annessero il territorio ceco, ma semplicemente se lo “ripresero”. Un po’ come successe con l’Austria. Poi, le democrazie occidentali contavano sul fatto che Hitler avrebbe limitato le sue aggressioni all’Europa centrale e all’area europea dell’Unione sovietica. Hitler fece loro credere questo e loro ci credettero. Finché succede agli altri va bene, no? Pertanto i loro calcoli egoistici e immorali non fanno che gettare ombra sul ruolo da loro svolto nella guerra e prima di essa.
Chiaramente i racconti dei contemporanei hanno influito sulla mia percezione della Seconda guerra mondiale. Si tratta di un’esperienza che è stata tramandata in maniera indiretta. Il mio bisnonno fu ucciso dai tedeschi durante un interrogatorio della Gestapo, mia madre fu mandata ai lavori forzati. Ho visitato personalmente il campo di concentramento di Auschwitz diverse volte. Sono stato a Volgograd. Come la maggior parte dei cechi della mia generazione, nutro un profondo rispetto per tutti i soldati che hanno combattuto contro la Germania nazista sui fronti orientale e occidentale.Gli Stati Uniti non hanno alcun problema con i regimi di stampo feudale, che torturano e sputano sentenze, ma si preoccupano piuttosto dei cosiddetti valori occidentali. Analogamente il mondo capitalista occidentale non avrebbe problemi con la Russia se questa non gli impedisse di ottenere del profitto. La lotta per la libertà e la democrazia era e resta solo un motto secondario.
Ovviamente Stalin ha commesso dei crimini contro il suo stesso popolo. Ma non ha forse espiato questi crimini, almeno in parte, vincendo sul nazismo? È chiaro che, se non avesse conseguito lo stesso risultato alla fine effettivamente raggiunto, di fatto una nazione ceca (e non solo) non sarebbe nemmeno esistita. Sarebbe stata parzialmente asservita, rasa al suolo e germanizzata. Pertanto, la questione concernente i crimini e i meriti di Stalin è complessa come qualsiasi questione riguardante la guerra oggetto di questa trattazione. Come scrive Schiller nel suo Inno alla gioia sarà la giustizia suprema a giudicare i nostri giudici.
Ivo Šebestík è dottore in scienze filosofiche, giornalista, storico e traduttore. Ha studiato presso la Facoltà di Filosofia dell’Università Masaryk di Brno. In passato ha lavorato come osservatore politico e come redattore capo della rivista locale Svoboda nell’ufficio di Ostrava. È stato anche a capo della sezione notizie presso lo studio di Ostrava di Česká televize (la televisione nazionale ceca). Ha insegnato giornalismo come professore a contratto presso le università di Olomouc e Ostrava. Dal 2004 vive a Bruxelles. Šebestík ha pubblicato 6 libri in traduzione da inglese, francese e tedesco, numerosi testi per il giornalismo e diversi libri, soprattutto a proposito della cultura belga e olandese (Lettere dal Brabante e le Fiandre; Lettere olandesi; Saggio e commenti). Tra i suoi interessi centrali vi sono la storia, la letteratura europea, la musica classica, i media e le relazioni internazionali contemporanee.
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