Per la loro ricerca gli scienziati hanno utilizzato un indicatore speciale, sviluppato dal leader della ricerca stessa, Philip Thomas, professore dell'Università di Bristol. L'indicatore, che ha chiamato J-measure, stima il rapporto tra costi per l'evacuazione e la prevista riduzione dell'aspettativa di vita della popolazione se le persone continuano a vivere vicino al luogo dell'incidente.
"L'evacuazione di massa è una misura costosa e distruttiva. E c'è il pericolo che possa diventare la principale politica dopo le catastrofi atomiche. Ma non dovrebbe. La misura chiave dovrebbe essere la rimozione delle conseguenze, piuttosto che l'evacuazione", crede Thomas.
Secondo gli autori del lavoro, un esempio di eccessiva preoccupazione per la sicurezza può essere l'evacuazione di massa dopo l'incidente della centrale nucleare giapponese di Fukushima. Circa 111 mila persone hanno lasciato le loro case, 85 mila dei quali non sono ancora tornati. Inoltre, gli scienziati hanno trovato eccessive anche le misure adottate dopo l'incidente di Chernobyl, quando sono state evacuate 335.000 persone, mentre secondo la J-measure sarebbe stato sufficiente evacuarne solo il 10%.
I ricercatori sottolineano inoltre che gli incidenti nucleari possono ridurre la vita della popolazione locale di un paio di mesi. Allo stesso tempo, per esempio, i londinesi perdono quattro mesi e mezzo di vita a causa dell'inquinamento dell'aria.
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