
Allo stesso modo il 29 di Aprile, due ufficiali del Pentagono hanno informato che un aereo militare russo Su-27 aveva effettuato una manovra pericolosa denominata "tonel" a distanza ravvicinata da un aereo di ricognizione USA nello spazio aereo internazionale sulla regione del Baltico.
La scorsa settimana il segretario alla Difesa USA, Robert Work, ha annunciato che 4.000 soldati della NATO, fra cui due battaglioni dell'US Army, verranno schierati in Polonia e negli Stati baltici, giusto in prossimità della frontiera russa. Lo stesso Work ha affermato che la Russia sta attuando manovre nelle vicinanze della sua frontiera e tali manovre devono intendersi come un "comportamento straordinariamente provocatorio".Allo stesso modo anche la Germania ha dichiarato che invierà un battaglione di soldati tedeschi a rinforzo, in Lituania, paese baltico in prossimità della frontiera russa.
Questa dichiarazione non ha segnato molto entusiasmo nei cittadini tedeschi, visto che un sondaggio ha fatto emergere la contrarietà della maggoranza dei tedeschi a che la Germania vada a posizionare di nuovo delle sue truppe in prossimità dei confini russi, dopo 74 anni dall'invasione tedesca della Russia e dall'esito disastroso di quella guerra. La Storia ha fornito un insegnamento al popolo tedesco che è rimasto nella coscienza dei figli e nipoti di coloro che combatterono sul fronte russo nel 1945.Rimane quindi da stabilire quale sia realmente il "comportamento provocatorio", se quello di chi opera all'interno delle proprie frontiere o se non piuttosto di quelle forze militari che, a migliaia di Km dalle loro basi, vanno a posizionarsi ed a svolgere manovre in prossimità del "cortile di casa" delle frontiere russe.
Questa è la domanda che si è posto anche il giornalista e commentatore Patrick J. Buchanan in un suo artícolo per il giornale "The American Conservative", in cui ha cercato di spiegare le ragioni per cui si vedono come "provocazioni" le azioni russe nell'area vicina alle proprie frontiere.
L'autore dell'articolo conclude che le attività degli Stati Uniti nelle vicinanze della frontiera russa si devono all'intenzione di Washington di stabilire un mondo unipolare e la propria egemonia globale "benevola", il vero motivo per cui le accuse alla Russia sembrano prive di giustificazione.Si trattta in definitiva di una strategia della provocazione continua che gli USA stanno attuando, cercando di far scoprire le carte alla Russia dei suoi apparati di difesa ed un modo di esercitare una pressione costante come una forma di "dissuasione" o di intimidazione.
In realtà, a queste manovre scoperte, si accompagna una strategia occulta da parte della CIA di sviluppare azioni di sobillazione interna nel territorio russo ed in particolare nella zona del Caucaso, quella maggiormente popolata dalla minoranza islamica che in Russia ascende a circa 23 milioni di persone.
Chi sta soffiando sul fuoco, per conto degli americani, ancora una volta è il turco Erdogan che sta provvedendo a far addestrare e finanziare dei gruppi turcomanni in Ucraina e si è incontrato più di una volta con i responsabili delle organizzazioni turcomanne ubicate in Ucraina per stringere accordi segreti.
Gli incontri sono stati fotografati e registrati dai servizi di intelligence russi che, quando sarà utile, renderanno pubbliche tutte le prove del coinvolgimento di Erdogan, come già accaduto per le complicità accertate della Turchia con il Daesh.
Tuttavia le mosse di queste cellule islamiste turcomanne sono attentamente seguite dal servizio di intelligence russo ed è facile prevedere che, al momento opportuno, questi gruppi saranno annientati prima che possano creare seri problemi. I russi non sono ingenui ed hanno già provveduto a mettere fuori del paese tutte le finte ONG create appositamente da George Soros e da altri finanziatori anglosassoni per attività di sobillazione nel paese.L'esperienza della Cecenia e della repressione del terrorismo in quella regione, fa testo ed è esperienza acquisita dei capi militari russi che intendono farsi prendere alla sprovvista dalla strategia del caos utilizzata dagli Washington per i propri fini di egemonia.
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