Più di 125 milioni di donne e bambine nel 2015 hanno subito una mutilazione in 29 paesi compresi tra Africa e Medio Oriente. Tra queste circa una su cinque vive in Egitto. É quanto emerge dal rapporto stilato dell'Unicef sulle pratiche di mutilazione pubblicato in occasione della Giornata Onu di Tolleranza Zero verso le Mutilazioni Genitali Femminili. Nella metà dei paesi dove è stata condotta l'indagine la maggior parte delle vittime ha subito la mutilazione prima dei cinque anni. Mentre nel resto dei casi l'operazione avviene tra i 5 e i 14 anni. La metà delle donne che sono state coinvolte nella prassi vive tra Egitto, Etiopia e Indonesia. In totale sono 70 milioni in più le donne o bambine che hanno subito mutilazione rispetto al 2014, facendo toccare quota 200 milioni di casi circa in tutto il mondo.
La causa principale che alimenta questo tipo di azioni risiede per lo più nell'accettazione sociale per una pratica che viene ancora considerata in alcune aree come un rito tradizionale.
"Le mutilazioni genitali femminili differiscono a seconda delle regioni e delle culture, con alcune forme che provocano rischi per la vita di coloro che le hanno subìte", ha spiegato Geeta Rao Gupta, vice direttore generale dell'Unicef.
Per questo motivo nel campione di donne giovani e meno giovani interessate nella ricerca ben 44 milioni sono bambine o adolescenti fino ai 14 anni. Spesso hanno ricevuto interventi di rimozione genitale bruschi e veloci. A detenere il triste record per questa fascia d'età sono il Gambia con il 56%, Mauritania 54% e l'Indonesia che spicca per numero di adolescenti, la metà entro gli 11 anni, a subire mutilazioni. Sono invece otto le nazioni, tutte africane, dove in più dell'80 per cento dei casi le donne vengono mutilate in età riproduttiva: Somalia, Guinea, Gibuti, Egitto, Eritrea, Mali, Sierra Leone e Sudan.
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