"Bisogna agire ora, mettendo da parte gli interessi di breve termine. Siamo l'ultima generazione a poter salvare il pianeta".
Barack Obama, oramai a fine mandato, vuole lasciare il segno nella storia e salvare il mondo dalle catastrofi ambientali. Ma ancora una volta l'Americana repubblicana non è con lui e le parole di Obama alla conferenza internazionale di Parigi potrebbero non avere futuro proprio in casa sua.
L'India rivendica il diritto alla crescita, mentre la Cina conferma l'impegno al raggiungimento del picco di emissioni entro il 2030, ma ribadisce che la lotta ai cambiamenti climatici "non dovrebbe negare le legittime necessità dei Paesi in via di sviluppo di ridurre la povertà e migliorare gli standard di vita della propria popolazione".
E' certamente vero che la Cina è il primo paese inquinatore al mondo, ma non si può negare che il basso livello di emissioni dell'Europa si spiega in parte con il fatto che l'Occidente subappalta la produzione dei beni industriali ed elettronici per lo più in Cina. Nonostante ciò, i cinesi emettono l'equivalente di 6 tonnellate di anidride carbonica l'anno per persona, contro le 13 tonnellate degli europei e le 22 tonnellate dei nordamericani.
Mentre in Italia la riconversione industriale e la crisi economica hanno permesso al Paese di ridurre le emissioni di CO2 del 27% dal 1990, in Cina, dove vivono 1,4 milioni di persone, l'allerta smog in questi giorni è stata elevata al livello arancione, «molto grave», una sfumatura sotto il rosso, «emergenza gravissima». Pechino sta soffocando: il livello di particolato fino a 2,5 micrometri è a 571: in Italia per chiudere le strade al traffico basta arrivare a 50.
"E' l'ultima possibilità per salvare il clima, un'occasione unica che potrebbe non tornare".
Nonostante le parole del segretario generale della Nazioni Unite Ban Ki-moon, l'accordo storico è ancora troppo distante.
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