Qualcosa si muove anche in Italia. Il procuratore nazionale antiterrorismo, Franco Roberti, su Radio 24 ha affermato che, alla ricerca di un punto di incontro tra l'esigenza di sicurezza e la tutela della privacy "il tema delle intercettazioni e del controllo delle conversazioni telematiche e informatiche dovrà tornare all'attenzione del Parlamento. Non si tratta di frugare nei computer dei cittadini o cedere una parte delle libertà, ma accettare una compressione dei diritti di privacy in nome della sicurezza".

Il New York Times ha aperto oggi il dibattito sul tema con un editoriale secondo il quale la sorveglianza di massa non è la risposta per combattere il terrorismo.
In particolare, il quotidiano ha attaccato proprio John Brennan. Secondo il New York Times, il direttore della Cia, rientra tra quelli che "non perdono tempo e sfruttano a fini personali la tragedia".
"Ricordando — ha proseguito l'editoriale — le bugie pronunciate da lui e dal suo capo, James Clapper, direttore dell'intelligence statunitense, è difficile credere a quello che dice Brennan. Quello che è successo a Parigi, come ha detto un esperto dell'antiterrorismo francese, ha mostrato che "la nostra intelligence è abbastanza buona, ma la nostra capacità di agire è limitata dai grandi numeri", visto che la maggior parte degli attentatori era già conosciuta dalle intelligence di Francia e Belgio. In altre parole, il problema in questo caso non è stato una mancanza di dati, ma l'incapacità di agire in base alle informazioni che le autorità avevano già. La raccolta indiscriminata di dati — prosegue l'editoriale — non è stata utile e l'intelligence non ha dimostrato di aver sventato un attacco terroristico grazie a quel programma".
Duro il monito del quotidiano internazionale:
"L'intelligence deve avere i poteri necessari per sventare gli attacchi terroristici, naturalmente, ma questo non significa accettare senza riserve tattiche inefficaci e molto probabilmente incostituzionali che riducono le libertà civili senza rendere il pubblico più sicuro".
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