E' lo scontro fra due scuole di pensiero, fra chi crede che la solidarietà sia un valore ineluttabile dell'Europa e chi ritiene che la cooperazione sia qualcosa da esercitare soltanto quando ce n'è bisogno e se si può. "Ho solamente detto che, se l'Europa è un luogo in cui non parliamo che di bilanci, allora non è l'Europa a cui abbiamo pensato quando abbiamo creato la Comunità nel 1957 a Roma", ha ricordato Renzi ieri notte ad alcuni giornalisti francesi e belgi, che gli chiedevano di spiegare il suo "j'accuse" lanciato contro la Lituania.


Molto dura anche la posizione di Juncker, che, secondo quanto è trapelato, si è scontrato frontalmente con Tusk durante la cena dei leader, rispondendogli a muso duro — "je m'en fous", "me ne frego" — quando il presidente del Consiglio europeo gli ha chiesto di cambiare la proposta sulla ricollocazione dei migranti, rendendola non vincolante.
Durante la conferenza stampa conclusiva, dopo le tre di notte, accanto a Tusk, Juncker, scuro in volto, ha scoccato una delle frecciate per cui è famoso: "Vista la portata del fonomeno migratorio, dare una prospettiva di vita a 60.000 persone — i 40.000 rifugiati della "relocation", più i 20.000 del "reinsediamento" volontario nell'Ue dai campi profughi dei paesi terzi — è uno sforzo modesto. Eppure è così difficile da decidere. Questo dimostra — ha concluso Juncker — che l'Europa non è all'altezza dei principi che declama in continuazione".
In tale occasione, Spunik Italia ha contattato Giuseppe Civati, che con Matteo Renzi nel 2010 aveva promosso la Leopolda e da poco ha lasciato il PD per le profonde divergenze con la linea politica assunta dal governo, per analizzare la situazione dell'Europa oggi.
"Mi pare che l'Europa in quanto progetto politico, tra Ventimiglia e Atene, in queste ore stia soffrendo moltissimo. Ieri si è arrivati a una dichiarazione di Renzi molto dura, prima di trovare una mediazione, che rappresenta un piccolo passo avanti rispetto ai giorni precedenti, quando sembrava prevalere un'irresponsabilità generalizzata". Tuttavia, aggiunge Civati, "la risposta di Renzi mi sembra eccessiva perché significa che ognuno guarda a stesso".
Nel dare un giudizio sull'attuale Europa, l'ex leader della minoranza PD pensa che "se l'Europa non tenta in tempi stretti un passaggio verso un'entità politica giuridicamente riconosciuta dai cittadini, il suo progetto è a rischio fallimento. Quest'ultimo infatti non si sviluppa esclusivamente con il metro della finanza ma attraverso una politica comune e un senso di appartenenza secondo il quale non dovrebbero esserci né le battute lituane né la brutta replica di Renzi".
Riferendosi ai Paesi Baltici, Civati non crede ci sia una vera e propria spaccatura in Europa perchè "non si deve guardare alla data di entrata ma sino a dove si vuole andare avanti affinchè non ci sia una data di uscita, di un via libera a tutti".
Secondo Civati, l'espressione usata da Renzi verso la Lituania è un richiamo molto forte perchè "quando un premier non particolarmente tonico con la Merkel, come è stato Renzi quest'anno, perde la pazienza, questo non è altro che un campanello d'allarme per l'esistenza dell'Europa stessa". Infatti, sostiene ancora Civati, "Renzi, nonostante i toni molto enfatici, è sempre stato molto in linea con i dettami dell'Europa ed è sempre stato molto preoccupato di corrispondere alle esigenze della Germania. Se oggi arriva a dire una cosa del genere vuol dire che qualcosa in Europa, se già non si è rotto, si sta rompendo".
E infatti, nel continuare a descrivere la sua visione dell'Europa, Civati si dice angosciato "di questo negoziato tra la Ue, la Troika e la Grecia, in cui il Fondo Monetario Internazionale impone un rigore che ha nessun senso perché banalmente non potrà mai essere corrisposto.
Se l'obiettivo, conclude Civati, è quello di mantenere la Grecia in Europa, di fare un percorso per cui l'economia greca e i rapporti finanziari che ha con gli altri paesi dell'Europa si rimettano a posto, questa è certamente la strada sbagliata".
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