Ha del paradossale l’indagine condotta dalla Guardia di Finanza di Foggia che, verificando la posizione di 169 persone arrestate dall’entrata in vigore del reddito di cittadinanza, hanno scoperto che in 30 percepivano il reddito secondo modalità non previste dalla normativa di legge.
Alcuni di questi, arrestati per reati di mafia, avevano addirittura fatto domanda dal carcere riuscendo comunque a ottenere il beneficio da parte dell’Inps, senza che quest’ultima venisse in qualche modo a conoscenza del loro regime di detenzione in carcere.
In altri casi i nuclei familiari dei detenuti avevano presentato la richiesta di reddito di cittadinanza omettendo di indicare nella domanda che un membro del nucleo familiare era sottoposto a regime di detenzione carceraria. In questi casi, infatti, la normativa prevede che il nucleo familiare del detenuto può accedere al beneficio ma con delle riduzioni.
In altri casi i nuclei familiari non avevano comunicato l’intervenuta carcerazione del familiare.
Mancato collegamento tra banche dati
Ciò che questa indagine mette in luce è che tra le banche dati degli Enti dello Stato non vi è collegamento. Gli Enti non comunicano tra loro dando luogo a illeciti che si potrebbero scongiurare a monte se appunto vi fossero sistemi informatici adeguati.
Il danno per l’erario ammonta a circa 200mila euro, che ora dovranno essere recuperati.
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