Dopo oltre un mese di tentativi nel provare a verificare la posizione di “alcuni membri dello staff in Colombia”, non si è ancora riusciti a farli interrogare alla magistratura colombiana perché “non si sono resi disponibili”. A dirlo è l’ambasciatrice italiana presso le Nazioni Unite Mariangela Zappia.
L’ambasciatrice italiana, raggiunta dal quotidiano Il Mattino, ammette che ci sono delle resistenze per fare luce sulla morte di Mario Paciolla, il cooperante dell’ONU morto in circostanze misteriose in Colombia nella sua abitazione di San Vincente del Caguan.
Si presenta quindi una storia ancora più oscura di quanto lo fosse stata sin dall’inizio, perché si sta tentando di elevare un muro di gomma scrive il quotidiano partenopeo che però le autorità italiane provano a contrastare con azioni diplomatiche e giudiziarie.
Le azioni in campo
L’ambasciatrice italiana dice che da subito ha chiesto all’ONU di collaborare in modo tempestivo attivando il Segretario a New York e la Missione di verifica in Colombia.
Le indagini congiunte Colombia-Italia hanno però bisogno della testimonianza dei dipendenti della Missione e così l’Italia ha ottenuto “che ne fosse sollevata l’immunità funzionale”.
Ciò significa che i dipendenti dello staff in Colombia se fossero ritenuti responsabili di qualcosa non potrebbero fare ricorso all’immunità.
L’indagine interna dell’ONU, prosegue l’ambasciatrice, è stata affiancata da funzionari esperti provenienti da New York che hanno “integrato le capacità tecniche del team investigativo in Colombia”, ha detto al quotidiano Il Mattino.
Il colloquio Di Maio-Guterres
Tra il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il Segretario Generale Antonio Guterres, racconta l’ambasciatrice italiana, vi è stato un colloquio sul caso e il Segretario Generale ha garantito il suo impegno personale.
Sul caso indaga anche la Procura della Repubblica di Roma e la Rappresentanza italiana all’ONU sta operando per facilitare i contatti della procura con le controparti giudiziarie internazionali al fine di ottenere autorizzazioni e informazioni il prima possibile.
Sono in attesa anche alcune rogatorie internazionali.
Bisogna fare luce su quanto accaduto dice l’ambasciatrice Zappia: “lo dobbiamo a Mario, alla sua famiglia e al nostro Paese”.
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