Voleva vedere con i suoi occhi l’uomo che aveva condotto l’Italia nella seconda guerra mondiale, voleva vedere se davvero era morto e lì, a Piazzale Loreto, dove si è compiuto l’ultimo atto di un pezzo di storia dell’Italia, il cadavere di Benito Mussolini c’era per davvero.
Stava appeso a testa in giù con la compagna Claretta Petacci.
Franca Valeri ha potuto così dire a se stessa che davvero era finita e che stava per iniziare per lei la gioventù, una gioventù tardiva ritardata dalla guerra che aveva spezzato vite e portato via una parte consistente della sua generazione.
Stare lì era pericoloso, ricorda l’attrice intervistata dal Corriere della Sera, in quei giorni per strada si sparava ancora. Era il 29 aprile del 1945, la Milano liberata sfogava sul cadavere del dittatore tutto il rancore, la rabbia, la frustrazione, il dolore per le vite annientate, per il futuro negato a milioni di giovani morti al fronte per l’illusione di una Italia che sarebbe stata grande con le armi in pugno e che finì piegandosi su se stessa dilaniata dalla guerra civile.
Franca Valeri: Pietà?
“E vuol sapere se ho provato pietà? No. Nessuna pietà. Ora è comodo giudicare a distanza. Bisogna averle vissute, le cose. E noi avevamo sofferto troppo”.
Lei di famiglia ebrea, il giorno della pubblicazione delle leggi razziali sui quotidiani italiani vide il padre piangere mentre le leggeva.
Franca Valeri, il prossimo 31 luglio 100 anni di storia: auguri, buon compleanno.
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