Ieri il duro colpo ai clan di Cosa Nostra Ferrante e Fontana di Palermo, con ramificazioni a Milano. Oggi viene alla luce tutto il loro malaffare fatto di prodotti imposti ai commercianti di Palermo che spesso silenziosamente accettavano e delle volte chiedevano anche scusa.
Il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi ha riferito che le denunce da parte di chi è sottoposto a estorsione sono scarse, segno che non tutto è cambiato dopo Falcone e Borsellino.
Ma c’è anche chi ha denunciato come al mercato ortofrutticolo dove il clan Fontana si presentò per chiedere il pizzo, 200 euro a commerciante. Questi però denunciarono tutti e i Fontana non chiesero più il pizzo.
L’imposizione dei prodotti
Il clan Ferrante a Palermo gestisce la farina, il packaging dei prodotti alimentari e tanti altri prodotti. Lo fa attraverso prestanome a cui intesta fittiziamente le sue imprese, ma che poi gestisce in prima persona come hanno dimostrato le intercettazioni.
E la farina se la dovevano prendere “a forza” i panettieri e non provarla, così il panificio Bonomolo di via Ruggero Loria ha chiesto scusa, “non succederà più”.
Il Mercatone della carne di via Amilcare Barca la carta e i sacchetti, e le vaschette in alluminio per confezionare la carne la doveva prendere in via esclusiva da G-Pack e non per il miglior rapporto qualità prezzo, semplicemente perché questa era la società di packaging dei fratelli Ferrante, e non servivano altre parole.
Ma i nomi di attività sottoposte alla silente imposizione di prodotti alimentari (e non), che spesso non erano neppure di buona qualità, è lungo scritto nell’ordinanza dal gip Piergiorgio Morosini che mette nero su bianco i fatti e le dinamiche commerciali di una città piegata e asservita, dove la distorsione del mercato non può che creare l’avvitamento dell’economia e povertà.
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