Si difende in aula alla Camera il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede rispondendo alle accuse mosse dal magistrato Nino Di Matteo che aveva nei giorni scorsi esplicitamente detto che il ministro gli aveva proposto la nomina la Dap nel 2018 e che poi aveva ritrattato perché messo sotto pressione da esponenti della mafia.
“C'è un confine e un limite a tutto e per me, quel confine, in politica e fuori dalla politica, è rappresentato dalla mia onorabilità, nonché dal rispetto degli altri e della memoria di chi è morto per servire il Paese”, ha detto Bonafede durante l’informativa derubricando a “chiacchiericcio” quello di “improvvisati esperti antimafia” che in questi giorni hanno parlato contro di lui.
Bonafede definisce “alone di mistero intorno al nulla” i retroscena sulla mancata nomina del magistrato antimafia Di Matteo a direttore dell’amministrazione penitenziaria nel 2018.
Ribadisce che non vi fu alcuna interferenza nella scelta del massimo dirigente del Dap, e che al magistrato Di Matteo era stato proposto il ruolo agli Affari penali presso il ministero di Grazia e Giustizia che fu del mai dimenticato Giovanni Falcone.
Le opposizioni
Mentre in aula alla Camera le forze di maggioranza intervengono a difesa di Bonafede, le opposizioni ne chiedono ancora le dimissioni e non si ritengono soddisfatte dalle parole del ministro perché ha solo difeso se stesso.
Lo scontro Di Matteo-Bonafede all’epilogo
Dovrebbe essere così giunta all’epilogo la vicenda tra il magistrato Di Matteo e il ministro Bonafede, la cui miccia è stata accesa nel bel mezzo di un momento drammatico per l’economia e la storia dell’Italia.
I fatti risalgono alla domenica 3 maggio, quando i due intervennero alla trasmissione televisiva ‘Non è l’Arena’ di Massimo Giletti. In quella occasione il magistrato disse che nel 2018 gli fu proposto di dirigere il Dap, ma che poi gli fu preferito Francesco Basentini (poi dimissionario per le rivolte nelle carceri) perché Bonafede avrebbe ricevuto delle pressioni mafiose.
Bonafede intervenne tempestivo chiamando anch’egli telefonicamente la trasmissione e smentendo categoricamente la ricostruzione fatta dal magistrato.
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