Con l’approvazione del decreto ‘Cura Italia’ (Decreto di marzo) con cui il governo italiano ha stanziato 25 miliardi di euro per fare fronte all’emergenza ecoomico-sanitaria, viene anche abolito per sempre l’esame di stato per esercitare la professione di medico.
Questo significa che d’ora in poi chi si laurea in medicina può subito esercitare e in questa situazione di grande emergenza sanitaria, la misura offrirà al Servizio sanitario nazionale medici per i servizi territoriali.
Si riduce così di circa 9 mesi l'ingresso dei medici nel settore sanitario.
Tali medici non entreranno in proto soccorso o nei reparti, perché per tali ambiti ci vuole la specializzazione, ma il loro contributo sarà significativo dal momento che in Italia mancano moltissimi medici di base e medici nei servizi territoriali.
Per gli infermieri laureati, spiega il ministro dell’Università Manfredi e per le professioni mediche è già così, non si fa l’esame di stato. Ed anche nel resto d’Europa non si fa l’esame, quindi l’Italia si è adeguata ad uno standard europeo. Ma c’è voluta una emergenza senza precedenti per farlo.
Sanitari in prima linea contro il nuovo coronavirus
I medici, gli infermieri e gli operatori sanitari sono il nostro “esercito” schierato contro il nemico invisibile chiamato Sars-CoV-2.
Un esercito che, proprio come in ogni guerra, lascia sul campo le sue vittime e i suoi feriti. Secondo i dati ufficiali riportati dall’Istituto Superiore di Sanità nel servizio di ‘Sorveglianza integrata’, al 16 marzo risultano 2.339 operatori sanitari ammalati di Covid-19.
Un numero considerevole se si tiene presente che negli ospedali italiani sono molti gli operatori sanitari andati in pensione negli ultimi anni e pochissimi quelli che hanno preso il loro posto.
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