Lo studio è stato portato avanti da un team di scienziati dell’Università Nazionale per la Scienza e la Tecnologia MISiS, dell’Università di Chimica fisica e Chimica Elettrica A. Frumkin presso l’Accademia Russa delle Scienze e dell’Università romana di Tor Vergata e i risultati sono stati pubblicati su Materials.
I materiali a base di perovskite, una giovane classe di semiconduttori per l’optoelettronica, sono al momento considerati un valido sostituto al silicio nella produzione di pannelli a energia solare. I ricercatori si sono posti l’obiettivo di trovare una soluzione al loro più importante difetto: l’instabilità. Nella ricerca ha avuto un ruolo fondamentale la molecola MAPbI₃, metilammina-piombo-iodio3.
“Lo strato fotoattivo di MAPbI₃ si cristallizza sulla superficie dello strato di trasmissione, che trasmette le cariche positive (nel nostro caso l’ossido di nichel, NiO). Com’è noto, l’illuminazione costante e il successivo riscaldamento degli elementi solari di perovskite con lo strato fotoattivo di MAPbI₃ portano a un’emissione di iodio libero e acido iodidrico che danneggiano l’interfaccia tra gli strati di perovskite e NiO, formando numerosi difetti e ridicendo significativamente la stabilità e l’indice di produttività del dispositivo”, ha spiegato Danil Saranin, collaboratore scientifico del laboratorio di energia solare del futuro dell’Università MISiS.
Per risolvere questo problema i ricercatori hanno utilizzato uno strato aggiuntivo in ioduro rameoso, un semiconduttore, inserito tra la perovskite e il NiO.
“Questo materiale non è sottoposto a una degradazione così forte sotto l’effetto della luce”, spiega Saranin, e permette di migliorare la raccolta delle cariche positive, diminuendo significativamente la concentrazione dei difetti tra gli strati foto-assorbenti e di trasmissione.
Stabilizzare lo strato di perovskite grazie a uno strato aggiuntivo non è un’idea innovativa per la scienza, come spiegano gli autori dello studio, ma gli altri gruppi di ricerca finora hanno lavorato soprattutto con materiali costosi e complessi, mentre lo ioduro rameoso è un materiale inorganico più accessibile e semplice da utilizzare. Questa soluzione ha permesso di aumentare la stabilità del funzionamento del pannello del 40% circa e il coefficiente di efficienza energetica del 15,2%.
Lo spessore del pannello pronto sarebbe di meno di un micrometro, decine di volte inferiore a quello dei pannelli solari a silicio.
I ricercatori hanno intenzione di continuare il loro lavoro creando uno strato analogo per la stabilizzazione della trasmissione di cariche negative e ridimensionando la tecnologia per la produzione di moduli di grandi dimensioni.
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