E’ infatti la prima uscita pubblica internazionale del capo del Cremlino dopo l’insediamento di Joe Biden alla Presidenza USA e pochi giorni dopo le proteste di piazza in Russia, che hanno visto il Ministero degli Affari Esteri Russo accusare l’ambasciata USA a Mosca di averle in qualche modo promosse.
Alla domanda del fondatore ed Executive Chairman del World Economic Forum Klaus Schwab, sui futuri rapporti Russia-Europa, il Presidente russo ha risposto: “La Russia vuole dialogo, ma questo dialogo deve essere onesto senza nessun fobia” e “l’amore è impossibile se è dichiarato solo da una parte, l’amore deve essere reciproco”.
Sputnik Italia ne parla con Igor Pellicciari, Professore di Storia delle Relazioni Internazionali all’Università di Urbino e alla LUISS G. Carli.
— Nei toni, piuttosto pacato ed in linea con quelli dati nel passato a Davos, che del resto non è un proprio un posto per discorsi incendiari.
Nei contenuti, è stato condizionato come prevedibile dagli eventi dell’ultimo anno, dominati dalla pandemia. Pur mantenendosi su un livello di considerazioni generali, mi sembra tuttavia che il discorso contenga dei messaggi chiari su tutti i principali temi su cui ci si aspettava una presa di posizione russa.
— In effetti, la politica estera l’ha fatta da padrone, occupando gran parte del discorso di Putin.
— Putin si è messo su un piano complementare al discorso dato il giorno prima dal Presidente Cinese Xi Jinping, quando ha parlato della necessità di rafforzare la collaborazione internazionale sulle principali questioni aperte, dallo scambio energetico, alla guerra del greggio, fino alla campagna di vaccinazione mondiale per il Covid-19.
— La posizione di Putin è dunque in perfetta sintonia o si distingue rispetto a quella di Xi?
— Direi che Putin in questa fase punta maggiormente sulla cooperazione bilaterale rispetto a quella multilaterale della quale, pur riconoscendone l’importanza, si auspica una radicale riforma. Non a caso nel suo discorso i riferimenti a singoli paesi (su tutti Cina – ma anche USA, Francia, Arabia Saudita, Turchia, Iran etc.) superano di gran lunga quelli all’ONU, che pure resta uno dei piani dove la diplomazia russa dai tempi di Evgenij Primakov ha lavorato per contenere la posizione dominante di Washington.
— E’ stato sorpreso da questi toni tutto sommato concilianti nei confronti degli USA solo pochi giorni dopo l’incidente diplomatico che ha riguardato l’ambasciata americana a Mosca?
— Mi sarei meravigliato del contrario. Non sorprende che Putin abbia subito citato all’inizio del suo discorso gli USA sottolineando così l’importanza dell’accordo sul nucleare concluso poco prima con la nuova amministrazione di Joe Biden, dopo che Donald Trump aveva sorpreso tutti cancellando il vecchio accordo INF risalente ai tempi di Mikhail Gorbachov — Ronald Reagan.
— Nel paragonare con enfasi i risultati alla lotta alla povertà ottenuti da Pechino e Mosca, Putin ha comunque nel suo discorso dato l’impressione di sottolineare che in questa fase la Cina è oggi ancora il principale alleato del Cremlino. Cosa ne pensa?
— Si, certo. Da alcuni anni, se il cuore russo è rimasto ad Ovest (Putin ha, in questa come in altre occasioni, rimarcato le radici europee della Russia) la testa si è riposizionata ad Est, alla ricerca di quella Grande Eurasia evocata da molti osservatori russi come prospettiva auspicabile per Mosca per uscire dall’isolamento impostole dall’Occidente. Bisogna sottolineare però come la Cina, sempre propensa all’espansione esterna, rappresenti per la Russia più un partner tattico utile a bilanciare le tensioni degli ultimi anni con i vecchi partners europei, più che un alleato strategico nel lungo periodo. Mosca per esempio si sta affacciando sempre di più sul continente africano, terreno che la potrebbe mettere in contrapposizione alla Cina.— A proposito di Africa, nel suo discorso Putin le ha riservato un passaggio importante riferito alla necessità di garantire una equa vaccinazione a livello mondiale che coinvolga anche il continente nero.
— Come valuta invece il passaggio del discorso sulla politica economica e la denuncia del liberismo sfrenato e dei suoi enormi costi sociali in Occidente?
— Nel dire che l’economia deve considerare l’uomo non un mezzo ma un fine, Putin si è messo in linea con i toni critici rispetto al capitalismo occidentale che hanno contraddistinto questa edizione di Davos. Il Covid ha messo a nudo le fragilità dei sistemi con deregulation estrema del libero mercato nel momento in cui hanno fatto crescere le diseguaglianze economiche e sociali e colpito pesantemente la classe media.
Per il resto, direi che Putin ha lanciato sulla politica economica un messaggio rivolto principalmente all’interno alla propria opinione pubblica nell’indicare un programma economico che sembra una piattaforma in vista delle prossime elezioni parlamentari di Settembre 2021: qualità della vita, aspettativa di lavoro e di pensione certa, sanità ed educazione in regime di welfare.
E’ interessante il riferimento che ha fatto alla sostenibilità ecologica, che sembra andare in contro ad uno dei filoni delle recenti proteste regionali in Russia.
— Sulle proteste appunto, vi era obiettivamente molta curiosità tra gli osservatori su quale sarebbe stata la posizione di Putin sulle recenti proteste nel paese organizzate da Navalny e sul suo ritorno in Russia.
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