È un compleanno tanto atteso ma troppo amaro. Lo storico locale di Piazza San Marco fondato nel 1720, che è stato frequentato da personaggi celebri del mondo dell'arte e della cultura come Goldoni, Canaletto, Casanova Byron, Rousseau, Proust, Charlie Chaplin, Ernest Hemingway, Jean Cocteau, Clark Gable e Andy Warhol, sta attraversando un momento molto difficile per colpa della pandemia.
300 anni del Caffè #Florian: orgoglioso e felice di questo #francobollo che raffigura uno dei locali più famosi di #Venezia nel mondo, simbolo di resilienza ❤️
— Luigi Brugnaro (@LuigiBrugnaro) December 3, 2020
Complimenti a chi negli anni lo ha gestito e grazie a @MISE_GOV, @PosteNews e @IPZS per il riconoscimento celebrativo. pic.twitter.com/zOuUr7ddDg
Marco Paolini, l’amministratore delegato di Sacra, società che gestisce il Caffè Florian, ha parlato con Sputnik Italia della situazione drammatica che sta vivendo il suo locale. Lo storico bar di Venezia rischia una chiusura totale dopo tre secoli di attività continua. Il Florian è sopravvissuto a tutto: guerre, rivoluzioni e alluvioni. Potrà sconfiggere anche il nemico invisibile che si chiama Covid-19?
— Dott. Paolini, il 29 dicembre lo storico caffè Florian ha spento 300 anni candeline. È stato un anniversario amaro per voi, immagino?
— Come la crisi determinata dal Covid ha inciso sulla vostra attività per quanto riguarda il fatturato?
— Siamo una società per azioni. In genere il nostro fatturato è di circa otto milioni e mezzo, ma quest'anno non abbiamo incassato sei milioni e mezzo, quindi nel 2020 abbiamo fatto l’80% in meno.
— Cosa ha fatto o sta facendo il governo per aiutarvi? Sentite la presenza dello Stato?
— Il problema è che i Ristori sono previsti per le aziende, i ristoranti e i bar in questo caso specifico, con un fatturato inferiore a 5 milioni. Abbiamo ricevuto dal governo solo 160 mila euro, pari al 2% del nostro fatturato. Come si fa a vivere con il 2%? Rappresentiamo un marchio importante che non riceve assistenza solo perché siamo grandi!
Siamo stati chiusi a marzo, aprile, maggio, giugno e poi ottobre, novembre, dicembre, gennaio e probabilmente non potremo riaprire nemmeno a febbraio e a marzo. Quando siamo stati aperti, abbiamo fatto solo il 30% del fatturato rispetto all'anno precedente. Vogliamo essere risarciti per quello che abbiamo perso.
— Come Lei spiega questo atteggiamento nei confronti di un locale storico conosciuto in tutto il mondo e che ha anche un valore simbolico per l'Italia?
— Che cosa posso dire? Ho ricevuto tantissime mail dall'estero, dalle persone che vogliono aiutarci e organizzare i crowdfunding. Se il governo non ritiene che siamo importanti, dobbiamo accettare questo tipo di discorso. Ho scritto al demanio dello stato, ma loro non rispondono.
Paradossalmente, qualche tempo fa il governatore Zaia ha fatto una battaglia per tenere tutto il Veneto in zona gialla. Ma di fatto Venezia è stata bloccata – musei, alberghi, locali sono stati chiusi. E cosa ha detto il governo? Se siete nella zona gialla, allora non avete il diritto ai Ristori. Ma io mi chiedo: ci state prendendo in giro?
— Ci sono alcuni Suoi colleghi ristoratori, che alzano le saracinesche nonostante il divieto. Secondo Lei, è una mossa giusta?
— Il nostro problema è che a Venezia non c’è nessuno. Per cosa dobbiamo aprire? Non abbiamo i clienti, quindi non c’è nessun motivo.E quando tutto ripartirà, come ci auguriamo tutti, per una azienda come la nostra ci vorranno almeno 4-5 anni per recuperare i debiti che abbiamo accumulato.
— Ha appena detto che Vi scrivono da tutto il mondo. Magari un investitore straniero potrebbe aiutare Florian a restare in piedi?
— E se un giorno verranno degli investitori stranieri che approfitteranno di questa situazione, ovviamente prenderemo in considerazione la loro partecipazione. Prima di morire, cercheremo di salvaguardare il nostro marchio che funziona come una grossa società.
— Comunque, nel corso degli ultimi 300 anni siete sempre riusciti ad uscire fuori da qualsiasi tunnel e non avete mai chiuso il Florian nemmeno durante le guerre mondiali…
— Si, però se i treni e gli aerei non arrivano, è vietato venire a Venezia, è vietato passeggiare e sedersi, non c'è niente da fare... Non parlo solo di noi, questo discorso vale per molti altri locali storici italiani che danno un contributo importante per il settore del turismo che genera il 15% del PIL.— Magari vale la pena unire le vostre forze per affrontare questa crisi insieme ad altri locali storici veneziani?
— Si, l’ho abbiamo già fatto. Il nostro presidente dei locali storici ha scritto al governo e abbiamo parlato con tutti i sottosegretari. Ci dicono che purtroppo “non ci sono soldi”, “abbiamo le mani legate”, “poi vedremo”. Queste sono le loro risposte.
Dopo un anno di silenzio, in cui abbiamo lavorato con la politica, con le associazioni, abbiamo pagato la cassa d’integrazione, abbiamo dato un regalo a Natale ai dipendenti, abbiamo pagato tutti i fornitori, abbiamo saldato tutti i debiti e abbiamo pagato gli affitti per il 2020, ad un certo punto abbiamo visto che questo governo di incapaci, che finanza le banche, le società, le partite IVA, i monopattini e così via, non si preoccupa dei miei 100 dipendenti. E adesso l’iconico Caffè Florian rischia di chiudere…
— Secondo Le Sue stime, quanto tempo potete ancora resistere senza gli aiuti da parte dello Stato?
— Non mi è mai capitato nella mia vita professionale una situazione del genere, ma tutto dipenderà da come si muoverà lo Stato.
— Essendo in piazza San Marco, avete naturalmente avuto problemi con l'acqua alta. Cosa pensa del Mose?

— La funzionalità del Mose è sotto gli occhi di tutti. L’8 dicembre, quando non è stata utilizzata sempre per motivi burocratici e politici, abbiamo avuto il locale pieno d’acqua. E nessuno si è preoccupato che abbiamo dovuto spendere altri 25mila euro. Comunque, tutti noi vogliamo pensare che il Mose è un’ottima opera che probabilmente potrà salvaguardare una città meravigliosa.
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