I disturbi alimentari nei bambini e negli adolescenti hanno subito un aumento del 30% durante il primo lockdown, perché coloro che già soffrivano di questi problemi hanno registrato un aggravamento, a causa dell'isolamento, dello stop allo sport e del vuoto creato dall'assenza di contatti fisici con i coetanei.
Inoltre, ha spiegato a Sputnik Italia la professoressa Annamaria Staiano, vicepresidente della Società Italiana di Pediatria, in Italia ad oggi si registra un esordio sempre più precoce dei disturbi legati al cibo, già a otto anni.
Dati preoccupanti che nel periodo pandemico assumono ancora più importanza, perché i soggetti oggetto di questi problemi hanno un maggiore rischio di contrarre il Covid-19.
- Professoressa Staiano, come si riconosce un disturbo alimentare in un bambino o in un preadolescente? E in quanti ne soffrono oggi in Italia?
- Negli ultimi anni è stato rilevato un esordio sempre più precoce dei disturbi del comportamento alimentare (DCA).
La Ricerca Nazionale sui DCA del Ministero della Salute, che ha coinvolto un campione di 1.380 preadolescenti e adolescenti di età compresa tra 8 e 17 anni, ha evidenziato che già a partire dagli 8 anni è possibile evidenziare nei bambini dei segni, non solo dei più comuni DCA, quali anoressia e bulimia, ma anche di disordini più rari, come disturbo emozionale con evitamento del cibo, alimentazione selettiva, alimentazione restrittiva, rifiuto del cibo, paura o fobia specifica con evitamento del cibo (inclusa disfagia funzionale), e sindrome da rifiuto pervasivo e perdita dell’appetito secondaria alla depressione.
La distinzione tra i diversi disturbi non è sempre chiara e molto spesso ci sono margini di sovrapposizione o la presenza di più disturbi contemporaneamente.
- Quanti sono in Italia i giovani colpiti dai disturbi alimentari?
- In Italia sono circa 2 milioni i giovani colpiti da questi disturbi che nel 40% dei casi si presentano tra i 15 e i 19 anni. I numeri sono orientativi perché non è semplice ottenere una stima precisa, anche perché gli studi condotti in Italia sono relativamente pochi e per la maggior parte limitati a realtà regionali.
- L'incidenza dell'Anoressia Nervosa (AN) è stimata essere di almeno 8 nuovi casi per 100.000 persone in un anno nel sesso femminile, mentre è compresa fra 0,02 e 1,4 nuovi casi per 100.000 persone in un anno nel sesso maschile.
- L'incidenza della Bulimia Nervosa (BN) è stimata essere di almeno 12 nuovi casi per 100.000 persone in un anno tra le donne e di circa 0,8 nuovi casi per 100.000 persone in un anno tra gli uomini. Le forme più gravi colpiscono rispettivamente circa lo 0,9% e l'1,5% delle donne.
La popolazione femminile è dunque in tutti i disordini, anche quelli più rari, maggiormente colpita, con un abbassamento dell’età. Ad esempio, il disturbo evitante/restrittivo nell'assunzione di cibo (ARFID) colpisce soprattutto i bambini, già da 2-3 anni fino alla preadolescenza. L'ARFID può manifestarsi anche sotto forma di una assunzione insufficiente di cibo. Questo fa sì che chi ne è colpito possa non assumere tutte le sostanze nutritive necessarie, con possibili complicanze mediche e difficoltà che possono interferire con una corretta socialità.
- A giugno una ricerca dell'Osservatorio epidemiologico del ministero della Salute ha evidenziato un incremento del 30% di questo genere di disturbo durante il primo lockdown. Ci sono dati più aggiornati? Quali sono le maggiori criticità emerse?
- Secondo uno studio pubblicato di recente sull’International Journal of Eating Disorders e condotto su oltre 1.000 pazienti tra Olanda e Stati Uniti i DCA, in particolare AN e BN nelle persone che già ne soffrivano prima del lockdown, si sono aggravati. Molti pazienti con AN hanno ristretto ulteriormente la propria alimentazione, mentre pazienti con BN e con disturbo delle ‘abbuffate compulsive’ hanno riferito un aumento degli episodi di ‘binge eating’.
Nei giovanissimi il distanziamento sociale e l’isolamento hanno prodotto molti esordi di disturbo dell’alimentazione, e hanno causato ricadute in soggetti che erano in remissione anche da molto tempo.
Sicuramente una criticità è stata anche la sospensione dell’attività sportiva che ha portato molti preadolescenti e adolescenti a restringere il cibo per paura di aumentare di peso, mentre altri lo hanno fatto per mantenere il controllo, e altri ancora hanno usato l’assunzione compulsiva di cibo per riempire il vuoto.
- I disturbi alimentari incidono sul rischio di contrarre il coronavirus?
- I soggetti affetti da DCA presentano un maggiore rischio di contrarre una infezione da SARS-CoV2 per diversi motivi, quali:
- riduzione delle riserve di grasso corporeo e alterazioni intestinali, che possono influenzare la capacità di difendersi dalle infezioni e di avere una adeguata risposta immune;
- scarse riserve di carboidrati, che espongono a un maggiore rischio di ipoglicemia in caso di stress;
- rischio di squilibri metabolici ed elettrolitici, che possono aggravare un quadro di insufficienza respiratoria;
- in caso di disfunzioni respiratorie preesistenti e astenia, vi è aumentato rischio di dover ricorrere a cure mediche ospedaliere e respirazione assistita.

- Quali le modalità migliori per rispondere a questi disturbi, sia in generale che più in particolare in questo periodo con i bambini molto più costretti a casa?
- Il lockdown ha sicuramente determinato una serie di effetti sulle abitudini alimentari e sul rapporto con il cibo, sia negli adulti che nei bambini e adolescenti. I genitori, come il pediatra stesso, devono stare attenti ad eventuali campanelli di allarme: i genitori, devono preoccuparsi in caso di comparsa nei figli di ansia, tendenza a chiudersi in sé stessi, tendenza all’isolamento e all’autolesionismo, o specifici atteggiamenti durante il pasto quali lentezza del pasto, sminuzzamento del cibo, iperattività fisica, assunzione di molta acqua, e uso frequente del bagno soprattutto dopo i pasti; i pediatri, devono indagare nel bambino e preadolescente la presenza di volontà di mettersi a dieta, l’insoddisfazione del peso corporeo e l’eventuale influenza del proprio peso sulle attività quotidiane.
Anche se all’inizio questi segnali possono essere difficilmente riconoscibili, sarebbe opportuno in famiglia stabilire sempre un clima rassicurante durante i pasti e condividere una linea comune tra genitori, non essere complici del quadro clinico pensando che il tempo farà migliorare la situazione, e non dare giudizi sull’aspetto fisico o sulla quantità di cibo che il proprio figlio assume. Bisognerebbe favorire sempre più pasti regolari con cibi sani e col giusto apporto di nutrienti, cercando di mantenere il più possibile con i propri figli un buon dialogo.
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