Il Florian, il caffè più antico d’Italia compie 300 anni proprio nel 2020, un anno nero che ha costretto a chiudere le porte di uno dei locali più importanti di Piazza San Marco, assieme ad altri caffè storici come il Caffè Quadri, Caffè Lavena e il Caffè Todaro.

Non bastava l’alluvione del 12 novembre 2019, per la quale molti locali non hanno ancora ricevuto un rimborso, a complicare una situazione già delicata c’ha pensato l’epidemia che ha tolto tutti i turisti da una città che di turismo ci viveva. Piazza San Marco senza i suoi caffè concerto non è più la stessa e trasmette a pieno l’immagine di una città abbandonata in balia delle sue fragilità. Sputnik Italia ha raggiunto per un’intervista in merito Claudio Vernier, presidente dell’Associazione Piazza San Marco.
— Claudio Vernier, Venezia e il suo bellissimo salotto, Piazza San Marco, resta senza molti caffè storici colpiti dalla crisi?
— Sì, per scelta. Come Caffè storici abbiamo deciso di rimanere chiusi. Si tratta del Caffè Florian, che quest’anno festeggia 300 anni, il Caffè Quadri, il Gran Caffè Lavena, il Gran Caffè Chioggia, il Caffè gelateria Todaro e il Caffè Aurora.
— Questi bar sono reduci da una crisi legata all’alluvione di un anno fa. Il Coronavirus e e i suoi danni economici sono stati il colpo finale?
— Durante i mesi di pandemia avete ricevuto degli aiuti e un sostegno da parte dello Stato?
— In maniera specifica assolutamente no, anche se abbiamo fatto varie richieste. Ci sono stati degli interventi governativi a favore di tutti i pubblici esercizi con fatturati sotto ai 5 milioni di euro, ad esempio il Caffè Florian è rimasto fuori da questi ristori. Gli altri hanno avuto dei ristori che sono stati equiparati a qualsiasi altro luogo o attività economica su tutto il territorio. I ristori generici purtroppo non sono sufficienti per i caffè di piazza. Alcuni di loro hanno parte del fondo con il demanio, ad oggi non hanno avuto nessun tipo di aiuto in questo senso.
Il Caffè Quadri e il Caffè Lavena hanno avuto migliaia di euro di danni come conseguenza del 12 novembre 2019 e non hanno ancora avuto il rimborso statale. Per questi caffè la situazione è ancora più grave.
— Venezia rispetto ad altre città è una realtà molto particolare. Non solo vive prettamente di turismo, ma è stata colpita dall’alluvione ancor prima della crisi del Coronavirus. La vostra situazione è molto delicata?
— Assolutamente, tanto è vero che abbiamo chiesto a più riprese che venissero dati non aiuti a pioggia, ma aiuti mirati a tutti i centri storici delle città d’arte, in modo particolare a Venezia e alle attività che hanno realmente subito in maniera grave alla situazione. Per via del 12 novembre scorso ci sono stati dei danni, poi siamo riusciti a rialzarci. Io dopo una settimana con il mio caffè avevamo già riaperto, le persone non arrivavano però pensando ci fosse ancora l’acqua alta. Tutto questo è durato fino al Carnevale, poi quella domenica maledetta c’è stata la decisione del governo con il nuovo dpcm. È iniziata la pandemia ed abbiamo riaperto solo a maggio e subito si è capito che la situazione era molto difficile, soprattutto per la mancanza di stranieri, dei russi, degli americani, degli asiatici e degli arabi che per noi rappresentano il 70% del fatturato.— I caffè di Piazza San Marco fanno parte della storia della città, non sono solo dei punti di ristorazione, no?
— Sì, esattamente. Poi è il bello di tutta la città: ti da delle esperienze uniche, è una città anche moderna, molto umana dove si cammina per strada, ci si guarda negli occhi. I caffè sono dei caffè concerto, una persona si siede ascolta la musica e può sorseggiare un caffè o un aperitivo su una delle piazze più belle del mondo.

— Qual è il vostro appello?
— Non sono soltanto dei caffè, sono dei luoghi di cultura che esportano l’artigianato italiano nel mondo, Venezia ne è un esempio. I caffè vanno aiutati con dei ristori mirati in base al reale calo di fatturati calcolato su tutti i mesi. C’è la necessità di aiutare le attività e di avere conferme per il prossimo anno in merito alla cosap. Ci sono delle attività che hanno 22 lotti legati al demanio, si chiede per loro la possibilità di avere una forma di scontistica come è avvenuto fra privati per quanto riguarda gli affitti.
Le leggi che esistono ed i controlli sul libero mercato non sono sufficienti a far sì che tutti operino ad armi pari. Non viene tutelata la provenienza dei prodotti e le regole non vengono fatte rispettare, senza pensare che chi opera senza pagare contributi, Iva, dipendenti spesso rimane impunito se persona non solvibile. Stessa cosa per gli esercizi pubblici dove le regole di decoro (luci, ombrelloni, menù in vista etc) e di igiene non sono fatti rispettare in modo uniforme creando così concorrenza sleale a discapito degli onesti.
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