Non si sa come reagirà l’Unesco, ma per tanti italiani e non solo loro, proprio questi gesti in una lunghissima quarantena di quasi tre mesi sono mancati tanto. Questi semplici gesti producono ossitocina, l’ormone della felicità, stabilizzano la pressione e producono tantissimi altri benefici.
Uno di questi giorni caldi anche i membri di associazione Udar, insieme al gruppo Devichnik in Italia, si sono riuniti per discutere i loro problemi e anche semplicemente per rilassarsi all’aria aperta. Più di una sessantina di persone da tutta Italia, quasi tutte donne (alcune con mariti italiani), sono arrivati a Roncobello.

Sposate o divorziate, contente o infelici, tante hanno in comune la vita in URSS e i difficilissimi anni Novanta, dopo i quali anche il coronavirus e la crisi economica diventano una leggera passeggiata.
“Quello che ha vissuto mia moglie russa basterebbe a dieci italiane, dice un marito orgoglioso – per questo le difficoltà di adesso le riusciamo a superare abbastanza facilmente». Ma le storie di ogni persona sono diverse. Qualche persona ha conosciuto il consorte in un altro Paese, per lavoro o vacanze, qualcun’altra nel paese d’origine, qualcun’altra in Italia, un'altra ancora su internet o tramite agenzie matrimoniali. E comunque parliamo quasi sempre delle donne, che in assoluta maggioranza sposano italiani. Al contrario, l’uomo russo (o russofono) che sposa una italiana si piazza al 2 % (contro il 98 % le donne). Quindi parliamo della parte fragile, probabilmente più nostalgica delle proprie origini.Ad esempio, la stessa Olga ha conosciuto il marito per lavoro, a Karachaganak. Lì si trova un giacimento di gas kazaco, esplorato dall’Eni. Quindi si sono conosciuti grazie all’energia, le cose sono andate a “tutto gas”, ma poi la storia è finita. E quindi Olga stessa deve far crescere la bambina da sola. Sputnik Italia le ha fatto qualche domanda.
— Come riuscite ad aiutare le donne in difficolta?
— Ma se si trovano male qui, non hanno amici, nessuno, non è magari meglio tornare nel proprio Paese d’origine?
— Qualcuno lo può fare. Altre non possono, perché magari anche nel proprio Paese non ci sono più la casa, i genitori o le persone care. Ma soprattutto per i figli. La minaccia più usata dai mariti è “Tu non vedrai mai tuoi figli”, e per la madre è una cosa impossibile.
— Vuoi dare qualche esempio?
— Di solito le nostre donne chiedono aiuto in anonimato, per vergogna e per non peggiorare la situazione. Quindi non farò nomi. Posso dire che qualche volte capita che arrivino gridi disperati: “sono da sola con un figlio, non ho neanche da mangiare”. Allora cerchiamo di raccogliere persino il cibo per queste donne.
— Ci sono tante donne in associazione?
— Sì, sono tante, e non solo al Nord, dove è nata l’Associazione, ma anche al Sud, in Sicilia, Puglia, Calabria e altre regioni. Sono tutte volontarie.— Covid e quarantena hanno peggiorato la situazione per le donne? Avete più richieste?
— Stranamente, con la quarantena abbiamo meno richieste, prima ne avevamo poche al giorno. Adesso con le nuove aperture vediamo come andranno le cose.
— Comunque ci sono grosse difficolta per i matrimoni interculturali?
— Io per “deformazione professionale” (ma questo non è lavoro per me, è una passione) vedo di più le lacrime e le difficoltà. Ma non vorrei generalizzare. Ci sono i casi felici, ci sono i meno felici. Come diceva Lev Tolstoj: 'Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo.''
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