Servirà del tempo all’Eurostat per produrre i dati sulla povertà e l’esclusione sociale causata in Europa dalla pandemia, anche perché è tutt’ora in corso. Ma sono disponibili i dati riferiti al 2019 e dicono che nel 2019, almeno in Italia, la povertà e l’esclusione sociale sono diminuite anche se superano i 15 milioni di cittadini che versano in condizioni critiche.
Se nel 2018 le persone che vivono in famiglie in stato di deprivazione materiale e con bassa intensità di lavoro erano 16.441.000, nel 2019 la cifra è diminuita di oltre un milione a 15.388.000.
Nel 2016 le statistiche dell’Eurostat indicavano in 18,2 milioni gli italiani in stato di indigenza.
Quindi, nel 2018, il 25,6% della popolazione italiana viveva in stato di disagio sociale, mentre nel 2018 era il 27,3% della popolazione, scrive l'Ansa.
I lavoratori poveri dell’Unione Europea sono aumentati
A chiarirci meglio la situazione sono i dati che riguardano i cosiddetti lavoratori poveri, cioè persone che pur lavorando vivono in una situazione di di quasi indigenza o indigenza dovendo fare ricorso comunque a istituti di sostengno.
Proprio l’Eurostat ad inizio dicembre 2020 riportava che tra il 2010 e il 2019 sono aumentati del 12% i lavoratori poveri nell’Unione Europea.
Un lavoratore europeo su 10, il 9,4%, è sceso sotto la soglia di rischio povertà e percepisci quindi un reddito inferiore al 60% della media della popolazione.
Se guardiamo all’Italia, riporta l’Agi, i dati elaborati dai sindacati europei sulle tabelle Eurostat, mostrano un incremento dal 9,5% al 12,2% del numero di lavoratori poveri in 10 anni.
Sono quindi lavoratori e lavoratrici, e per le statistiche risultano anche essere occupati, ma in realtà si tratta di persone a cui manca comunque il minimo per vivere dignitosamente.
E l’Italia non è la peggiore, Ungheria (58%), Regno Unito (51%), Estonia (43%) fanno registrare incrementi impressionanti di questa quota di lavoratori.
I più colpiti sono ovviamente i giovani e i lavoratori migranti con contratti a tempo determinato. Ma anche i lavoratori con contratti a tempo pieno soffrono.
Disparità nel salario minimo garantito
Eurostat ha appena pubblicato i dati sul salario minimo garantito in Europa e la disparità tra le varie nazioni è evidente. I dati non comprendono tutte le nazioni, ma solo 21 Stati membri su 27, perché Italia, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia, più Danimarca, non hanno un salario minimo previsto per legge.
Generalmente il reddito medio minimo è sotto i 700 euro nell’est Europa e sopra i 1.500 euro nel nordovest dell’Europa.
La Bulgaria (332€) è il Paese con il salario medio minimo più basso d’Europa, seguita dall’Ungheria (442€) e dalla Romania (458€).
Il Lussemburgo garantisce un salario minimo di 2.202€ ed è il paese europeo con il valore più alto. La Germania garantisce 1.614€ e il Belgio 1.626€, mentre la Francia garantisce 1.555€.
Negli Stati Uniti, per avere un metro paragone scrive l’Eurostat, il salario minimo garantito è di 1.024 euro a gennaio 2021.
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