Nuova guerra fredda? Ecco perché l'attuale crisi è molto più pericolosa della precedente
© SputnikMosca, 31 maggio 1988: stretta di mano tra Reagan e Gorbachev

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Nella primavera del 1946 l'ex primo ministro britannico Winston Churchill si recava al Westminster College di Fulton, nel Missouri, per parlare di come, "da Stettino nel Baltico a Trieste nell'Adriatico, una cortina di ferro è scesa attraverso il Continente".
Oggi, 5 marzo, ricorre un altro anniversario del discorso di Winston Churchill del 1946 sulla Cortina di Ferro. Evgeny Buzhinsky, tenente generale in pensione delle Forze Armate russe, veterano e negoziatore della prima Guerra Fredda, intervistato da Sputnik, sostiene che la crisi attuale sia ancora peggiore di quella iniziata allora.
Nella primavera del 1946, mentre l'Europa giaceva in rovina e gli alleati della Seconda Guerra Mondiale, l'URSS, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, si avvicinavano all'incerto ordine del dopoguerra, l'ex primo ministro britannico Winston Churchill si recava al Westminster College di Fulton, nel Missouri, per parlare di come, "da Stettino nel Baltico a Trieste nell'Adriatico, una cortina di ferro è scesa attraverso il Continente", separando la "sfera sovietica" dalle “nazioni libere”.
Molti studiosi occidentali considerano quel discorso di Churchill come il punto di passaggio storico che segna appunto l’inizio della Guerra Fredda. Appena un mese prima, nel febbraio 1946, Joseph Stalin aveva fatto un discorso a Mosca sulle origini della Seconda Guerra Mondiale nel quale lodava gli Alleati, ma nel quale anch’egli coglieva i potenziali pericoli per il futuro – disse che il capitale monopolistico e l'imperialismo, le stesse forze che avevano portato alla Seconda Guerra Mondiale, avrebbero potuto cospirare per innescare un nuovo conflitto.
Nei quattro decenni successivi, i blocchi politici, economici e militari dell'Occidente e dell'Oriente si sono fissati l'un l'altro prima davanti alle canne di fucile, poi davanti alle testate nucleari.
Fino alla fine degli anni ’80 e per tutti gli anni ’90, quando Mikhail Gorbaciov, e poi Boris Yeltsin, interpretarono una serie di passi, tuttavia unilaterali, per alleggerire le tensioni.
Entrambi i leader si aspettavano evidentemente che l’Occidente, di fronte alle insperate concessioni dalla parte sovietica, poi russa, avrebbero contraccambiato, al contrario, alla rinuncia da una parte al Patto di Varsavia (liquidato nell’inverno del 1991), corrispose piuttosto un allargamento ad Est della NATO, sempre più inquietante per la Russia.
La spinta verso Est venne inizialmente accompagnata da rassicurazioni secondo le quali l’Alleanza non fosse indirizzata contro la Russia, ma quando la Russia stessa chiese di partecipare alla NATO, non ricevette risposta alcuna.
Quando poi, nel 2014, dopo aver assorbito tutti gli ex membri dell'ex Patto di Varsavia, tre repubbliche post-sovietiche e diversi Paesi balcanici, l'Occidente ha messo gli occhi anche sull'Ucraina, uno dei maggiori partner economici e commerciali di Mosca e un Paese con cui la Russia condivide secoli di storia comune, legami culturali, linguistici e di altro tipo, la crisi attuale è scoppiata.
Queste sono le basi per capire quanto avvenuto a partire dal 24 febbraio dello scorso anno, ha spiegato Evgeny Buzhinsky, tenente generale in pensione delle Forze Armate russe, veterano della prima Guerra Fredda e negoziatore di punta della Russia per il controllo delle armi tra il 2001 e il 2009, intervistato da Sputnik.
Oggi è peggio
"In linea di principio, si può dire che ora ci troviamo in una Guerra Fredda, sì. Possiamo dire che questa è una seconda iterazione della Guerra Fredda, anche se la natura di queste guerre è completamente diversa", ha detto Buzhinsky.
Ma la situazione attuale "è molto peggiore di quella che c'era durante la cosiddetta Guerra Fredda, ossia negli anni '60, '70 e fino alla metà degli anni '80. Allora c'era un'ideologia. C'era un campo socialista e il 'libero Occidente democratico'; si trattava di un confronto ideologico", ha detto a Sputnik l'ufficiale in pensione, ora presidente del Centro russo per la ricerca politica, un think tank con sede a Mosca.
Intanto durante la prima guerra fredda non si è mai arrivati alle vere e proprie sanzioni, ma, soprattutto, fa notare l’esperto, la crisi di oggi non è affatto ideologica, ma è una vera e propria “lotta esistenziale”, il che la rende ancora più pericolosa.
“Gli Stati Uniti combattono per la loro leadership, per la loro posizione nel mondo, mentre la Russia, da parte sua, è impegnata in una lotta con l'Occidente sulle sue linee rosse, di sicurezza e non solo”, ha spiegato.
Altro problema che aggrava la situazione, è che l’attuale generazione dirigente americana è proprio incapace di prestare ascolto alcuno alle istanze della controparte, ha aggiunto.
Ulteriore problema che spesso viene sottovalutato, per cui questa guerra fredda è peggiore della precedente, è che ai tempi della Crisi dei Missili di Cuba, per esempio, si decise tutto tra “Kennedy e Kruscev e i loro consiglieri”, spiega Buzhinsky, oggi invece “se ci fossero solo Putin e Biden, le cose sarebbero più facili, il problema è che ci sono anche i polacchi, i baltici, i cechi” e tutta la schiera di consiglieri dell’Amministrazione [riferimento al Deep State?]. Una lunga sfilza di interessi e pressioni, che puntano tutte contro un compromesso accettabile.
La minaccia di uno scontro diretto tra la Russia e la NATO non solo esiste oggi, ma "è sostanzialmente più alta di quanto non fosse durante la Guerra Fredda", teme in conclusione Buzhinsky. "Qualsiasi scontro diretto tra le forze armate degli Stati Uniti e della Federazione Russa sarebbe una catastrofe globale, sarebbe un annientamento reciproco. Perché tutte queste favole su una guerra nucleare limitata non reggono - gli Americani credono che sia possibile indulgere nell'uso di una sorta di armi nucleari tattiche in Europa, mentre loro siedono a casa e guardano tranquillamente da dietro due oceani. Ma non funziona così”, ha spiegato Buzhinsky.