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Il 25 gennaio del 1583 nasceva l'Accademia della Crusca
Il 25 gennaio del 1583 nasceva l'Accademia della Crusca
Il 25 gennaio del 1583 nasceva a Firenze l'Accademia della Crusca. Oggi è il punto di riferimento per gli appassionati della lingua italiana, che difende dall'abuso dei termini importati dall'estero, anche durante la pandemia.
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Il 25 gennaio del 1583 nasce a Firenze l’Accademia della Crusca. L’istituzione che da centinaia di anni custodisce la lingua italiana è stata concepita quasi per gioco, nel retrobottega della “spezieria all’insegna del Saracino” di piazza San Giovanni, a due passi dal duomo di Santa Maria del Fiore, dove un gruppo di appassionati di poesia, per iniziativa dello speziale Anton Francesco Grazzini di Staggia, detto il Lasca, si riunivano per discutere di letteratura.Dall’Accademia degli Umidi, dai soprannomi dei componenti che richiamavano il mondo acquatico, si passò alla Crusca, inaugurata ufficialmente nel 1585, quando la “brigata dei crusconi” decise di dare forma al proprio sodalizio.Al partire dal 1585 l’accademia iniziò a strutturarsi e adottò come simbolo il “frullone”, ovvero l’utensile che serviva a separare la farina dalla crusca. Il verso petrarchiano “il più bel fior ne coglie” fu scelto come motto. Anche i soprannomi e gli stemmi degli accademici, dovevano avere una simbologia legata alla farina.Dal 1590 gli sforzi dei componenti dell’Accademia si concentrarono nel Vocabolario che vide la luce a Venezia nel 1612. Un’opera che diventò uno degli strumenti principali per conoscere la lingua comune, basata sulle opere di Dante, Boccaccio e Petrarca. Un vero e proprio “tesoro” linguistico, che contribuì alla formazione della lingua italiana e divenne “modello di metodo lessicografico per le altre accademie europee nella redazione dei vocabolari delle rispettive lingue nazionali”.Oggi l’Accademia della Crusca, la più antica al mondo tra le accademie linguistiche, è il punto di riferimento per gli appassionati della lingua italiana e partecipa attivamente al dibattito culturale del nostro Paese.Una delle battaglie degli ultimi anni è quella relativa agli anglismi, che proliferano anche in tempo di pandemia. In una recente intervista all’Adnkronos, il presidente dell'Accademia della Crusca, Claudio Marazzini, ha sottolineato come negli ultimi due anni si siano diffuse "espressioni che sono diventate di uso più o meno comune e che hanno origine vera nell'inglese, come lockdown”, oppure che sono “prive di riscontro nell'uso degli anglofoni nativi” come “green pass”.Alcuni termini importati da Oltremanica, come “droplets” e “booster” per la Crusca sarebbero da evitare. Meglio usare le alternative offerte dalla nostra lingua. Anche se l’abuso degli anglicismi, ormai, ammette Marazzini, si osserva non soltanto nella comunicazione istituzionale, ma anche nel gergo comune: "Si pensi del resto all'abuso di 'food & drink' in tutte le occasioni, al fatto che i nostri animali domestici sono ormai tutti 'pet', e mangiano solo 'pet food', e che alcune catene commerciali, anche nella loro pubblicità, non dicono più di avere 'negozi', ma solo 'stores'".
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Il 25 gennaio del 1583 nasceva l'Accademia della Crusca
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Il 25 gennaio del 1583 nasceva a Firenze l'Accademia della Crusca. Oggi è il punto di riferimento per gli appassionati della lingua italiana, che difende dall'abuso dei termini importati dall'estero, anche durante la pandemia.
Il 25 gennaio del 1583 nasce a Firenze l’Accademia della Crusca. L’istituzione che da centinaia di anni custodisce la lingua italiana è stata concepita quasi per gioco, nel retrobottega della “spezieria all’insegna del Saracino” di piazza San Giovanni, a due passi dal duomo di Santa Maria del Fiore, dove un gruppo di appassionati di poesia, per iniziativa dello speziale Anton Francesco Grazzini di Staggia, detto il Lasca, si riunivano per discutere di letteratura.
Dall’Accademia degli Umidi, dai soprannomi dei componenti che richiamavano il mondo acquatico, si passò alla Crusca, inaugurata ufficialmente nel 1585, quando la “brigata dei crusconi” decise di dare forma al proprio sodalizio.
Fu Lionardo Salviati, l’Infarinato, che nel 1582 si unì al gruppo del Lasca, a spingere per dare forma all’accademia. L’obiettivo era quello di “passare al setaccio la lingua per ricavarne il fiore, e cioè la parte migliore”.
Al partire dal 1585 l’accademia iniziò a strutturarsi e adottò come simbolo il “frullone”, ovvero l’utensile che serviva a separare la farina dalla crusca. Il verso petrarchiano “il più bel fior ne coglie” fu scelto come motto.
Anche i soprannomi e gli stemmi degli accademici, dovevano avere una simbologia legata alla farina.
Dal 1590 gli sforzi dei componenti dell’Accademia si concentrarono nel Vocabolario che vide la luce a Venezia nel 1612. Un’opera che diventò uno degli strumenti principali per conoscere la lingua comune, basata sulle opere di Dante, Boccaccio e Petrarca. Un vero e proprio “tesoro” linguistico, che contribuì alla formazione della lingua italiana e divenne “modello di metodo lessicografico per le altre accademie europee nella redazione dei vocabolari delle rispettive lingue nazionali”.
Oggi l’Accademia della Crusca, la più antica al mondo tra le accademie linguistiche, è il punto di riferimento per gli appassionati della lingua italiana e partecipa attivamente al dibattito culturale del nostro Paese.
Una delle battaglie degli ultimi anni è quella relativa agli anglismi, che proliferano anche in tempo di pandemia. In una recente intervista
all’Adnkronos, il presidente dell'Accademia della Crusca, Claudio Marazzini, ha sottolineato come negli ultimi due anni si siano diffuse "espressioni che sono diventate di uso più o meno comune e che hanno origine vera nell'inglese, come lockdown”, oppure che sono “prive di riscontro nell'uso degli anglofoni nativi” come “green pass”.
Alcuni termini importati da Oltremanica, come “droplets” e “booster” per la Crusca sarebbero da evitare. Meglio usare le alternative offerte dalla nostra lingua.
Anche se l’abuso degli anglicismi, ormai, ammette Marazzini, si osserva non soltanto nella comunicazione istituzionale, ma anche nel gergo comune: "Si pensi del resto all'abuso di 'food & drink' in tutte le occasioni, al fatto che i nostri animali domestici sono ormai tutti 'pet', e mangiano solo 'pet food', e che alcune catene commerciali, anche nella loro pubblicità, non dicono più di avere 'negozi', ma solo 'stores'".