Perché il Covid-19 ha acceso gli appetiti delle organizzazioni mafiose? Come la criminalità organizzata sfrutta la pandemia e il disagio economico? Per parlarne Sputnik Italia ha raggiunto Nicola Graziano, Magistrato del Tribunale di Napoli con funzioni di Giudice Delegato, laureato del premio internazionale "Falcone Borsellino".
— Dott. Graziano, la mafia è pronta a cogliere il difficile momento legato all'emergenza coronavirus come un’ulteriore opportunità di espansione. In che modo la pandemia sta creando un terreno fertile per l'aggressione della criminalità?
— Potrebbe analizzare i dati pubblicati nel report della Libera e Lavialibera che sottolinea che “mafia e virus sono fatti l’uno per l’altro”? Com’è cambiato il business dei clan ai tempi del Covid?
— Crisi crea bisogno di liquidità nelle imprese e le mafie hanno quei soldi e quindi si nutrono di "poveri". La pandemia rafforza il fenomeno di usura? La strategia di boss e criminali sarebbe quella di dare aiuto oggi per avere riconoscenza domani?
— In tutta Italia, e cioè senza distinzione, tra Nord, Centro e Sud si è registrato nell’ultimo anno un leggero aumento dei reati di usura (quasi del 30%), essendo questo un chiaro segnale di quel disagio economico e della mancanza di liquidità dovuti alla situazione contingente che, purtroppo, ha avuto impatto anche nelle regioni più ricche del Paese, lasciando anche qui spazio a canali di finanziamento illegali.
È evidente quindi che la strategia criminale anche se, a dire il vero, l'odioso reato di usura si è accompagnato dalla commissione (questa volta in notevole aumento) dei delitti di riciclaggio e reimpiego di denaro che sono chiaro ed evidente sintomo della volontà criminale di sfruttare la congiuntura economica negativa per infiltrare l’economia legale che è, altresì, contaminata dal trasferimento fraudolento di valori.
🔴 La mafia ha sempre lucrato sulle disgrazie. E lo sta facendo anche adesso con la pandemia di Covid-19. Le imprese in sofferenza hanno bisogno di soldi e il crimine organizzato è già pronto a invaderle. #Dataroom di @M_gabanelli e @ant_castaldo https://t.co/iv25zfC9gc
— Dataroom di Milena Gabanelli (@DataroomCorsera) November 11, 2020
— È vero che mafia punta maggiormente ai negozi del quartiere e il cosiddetto “welfare mafioso di prossimità” sta allargando di giorno in giorno? Quali aziende sono più esposte alla penetrazione delle mafie?
Si tratta di monitorare e denunciare ma anche di mettere nelle condizioni imprenditori non collusi e quindi onesti di superare questo gravissimo momento di crisi con concreti, immediati ed efficaci, aiuti che possano in quale modo evitare quella subdola penetrazione criminale che crea quella riconoscenza verso il domani che è, oltre che pericolosissima, anche sotto certi punti di vista diseducativa perché colma assenze e vuoti, a volte, in modo irreversibile. Bisogna evitare, cioè, quella gestione – anche non diretta - del mercato degli affari che ha superato quel modus operandi tradizionale basato sullo stretto controllo del territorio.
— L’Associazione Svimez segnala l’alta capacità dei clan a infiltrarsi negli appalti pubblici. Questo vuol dire che lo “stato parallelo” è pronto a mettere le mani anche sui fondi europei per la ripresa economica?
— Il settore degli appalti pubblici in questa fase è il campo di elezione della capacità dei clan di infiltrarsi nelle attività economiche più redditizie. Ciò si spiega non solo per quella capacità di penetrazione di cui sopra abbiamo parlato e che, evidentemente, è rivolta anche ai soggetti che operano con la Pubblica Amministrazione ma anche per il fatto che si attende una riforma normativa che dovrà prevedere un inevitabile snellimento delle procedure d’affidamento degli appalti e dei servizi pubblici. Basta pensare, per tutti, al ciclo della sanità per non parlare della serie di attività che saranno finanziate con i fondi europei destinati per la ripresa economica.
— Cosa si può fare?
— Rispondo seguendo due linee di possibile intervento.
Ma questo non basta. C’è bisogno di un intervento del Legislatore che tenga conto della crisi in cui versano le imprese e venga loro in soccorso. Non si può attendere, ad un anno dal primo lockdown e mentre ci avviamo ad una nuova mappa di regioni italiane a zona rossa, una decretazione d'urgenza che possa dare respiro a chi da questa pandemia oramai è in ginocchio perché ha consumato in questo lungo anno anche le ultime riserve per sopravvivere.
Il potere esecutivo e poi legislativo non può tirarsi indietro perché vale il famoso detto: se non ora quando?