Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha dato l'annuncio sul suo profilo Facebook: i marittimi italiani che da più di un anno erano rimasti bloccati in Cina a causa di una disputa diplomatica tra Pechino e l'Australia aggravata e complicata dalla pandemia di coronavirus, sono tornati tutti in Italia.
"I 13 marittimi italiani bloccati in Cina sono rientrati in Italia. Una bella notizia per i nostri connazionali che da oltre un anno erano fermi in Cina".
Il ministro Di Maio ha ricordato che "a dicembre, grazie all’impegno del nostro corpo diplomatico, eravamo riusciti a ottenere tutte le autorizzazioni per permettergli di ritornare a casa. Risultato ottenuto anche grazie al lavoro della nostra Ambasciata a Pechino. È un onore servire la nostra Nazione, è un onore lavorare per aiutare e tutelare i nostri connazionali in Italia e nel mondo".
La lunga storia dei marittimi
I 13 connazionali, che provengono da Napoli, Vico Equense, Sant’Agnello, Procida e Monte di Procida, e altre città campane, erano rimasti forzatamente bloccati a bordo della loro nave la "Mba Giovanni", battente bandiera italiana.
Erano partiti da Gladstone, in Australia, il 12 giugno e avrebbero dovuto cambiare equipaggio nel porto di Yosu in Corea del Sud o a Hong Kong durante le operazioni di rifornimento.
Il cambio di equipaggio, però, non era avvenuto e i marittimi avevano dovuto proseguire il viaggio con il loro carico di carbone australiano.
Nel frattempo a causa della pandemia di coronavirus, la Cina ha autorizzato al cambio di personale soltanto 10 porti e nonostante il protocollo d'emergenza “COVID-19 Crew Change Clause for Time Charter Parties 2020” invocato per lo sbarco, il mercantile è rimasto in mare.
La situazione si è ulteriormente complicata a causa della disputa diplomatico-commerciale tra Australia e Cina.
Finalmente alla fine dello scorso anno la diplomazia italiana ha trovato uno spiraglio.
Il 29 dicembre Di Maio ha annunciato che la Cina aveva deciso finalmente di far sbarcare i 13 marinai italiani: “Sono intervenuto personalmente con una lettera al mio omologo cinese Wang Yi, sottolineando gli aspetti umanitari della vicenda e chiedendo una pronta soluzione”, aveva detto il ministro.