Le voci su una possibile candidatura dell’ex premier Matteo Renzi alla guida dell’Alleanza Atlantica si rincorrono da mesi. E ora c’è chi vede nella crisi aperta lo scorso dicembre proprio dal leader di Italia Viva, un trampolino di lancio per raggiungere quest’obiettivo.
Sfortunato sul fronte del consenso interno - il suo partito non va oltre il 3 per cento e il suo nome è fanalino di coda nella classifica dei leader politici più apprezzati dagli italiani - il senatore di Scandicci ultimamente si dedica sempre di più a curare i suoi rapporti internazionali, come testimonia anche la recente e discussa visita a Riad.
E secondo alcune indiscrezioni, pubblicate sul Giornale, l’aver aperto la crisi spianando di fatto la strada all’arrivo di Mario Draghi a Palazzo Chigi sarebbe stato apprezzato anche dalla nuova amministrazione Usa, con cui Renzi ha vantato in più occasioni un rapporto privilegiato, con tanto di foto che lo ritraggono sorridente assieme al neo presidente Joe Biden.

Il retroscena, Conte "ostacolo" ad una possibile candidatura
Sempre secondo il Giornale, la sua candidatura alla guida dell’Alleanza sarebbe stata discussa anche con Conte, che avrebbe assicurato il proprio sostegno al senatore di Italia Viva. Ma proprio il premier dimissionario sarebbe stato il problema: troppo legato alla vecchia amministrazione americana, avrebbe, secondo lo stesso retroscena, potuto ostacolare la corsa di Renzi verso Bruxelles.
Draghi, al contrario, rappresenterebbe una garanzia non solo per gli Usa, ma anche per gli altri alleati europei di peso. Un particolare non da poco, visto che per l’elezione del nuovo segretario della Nato bisognerà mettere d’accordo ben 29 Paesi.
“I governi non si interessano dei tweet e non è sicuramente per un tweet di Trump che Conte diventa un pericolo per l’Alleanza Atlantica”, spiega però Alessandro Politi, direttore della Nato Defense College Foundation, raggiunto al telefono da Sputnik Italia. “Il nostro Paese ha avuto diversi tipi di politica estera negli anni ma è sempre stato fermamente atlantista e, da questo punto di vista, non ha bisogno di dimostrare le sue credenziali”.
“Credo che la scelta di un candidato da parte del presidente Biden - prosegue lo specialista - derivi da due cose: la prima è il calcolo strategico in base a ciò che accadrà da qui a due anni, la seconda è la volontà o meno di rafforzare la Nato”. “Se si andasse in questa direzione – prosegue – verrà nominato un segretario generale che abbia un profilo forte”.
Il nuovo segretario? "Contano il profilo complessivo e gli interessi strategici"
Il mandato di Jens Stoltemberg, già prorogato una volta, scade nel 2022. Nel 2014 l’ex ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini arrivò ad un passo dall’incarico, che poi fu affidato al politico norvegese appoggiato da Barack Obama ed Angela Merkel.

Ma Renzi ha davvero le carte in tavola per presentarsi come l’uomo giusto al momento giusto? Di sicuro, per Politi, non basta aver rivestito un incarico istituzionale importante, fosse anche quello di premier o di ministro della Difesa o degli Esteri, per mettere d’accordo tutti.
“È il profilo complessivo quello che conta, e poi – spiega il direttore della Nato Foundation – è importantissima la preparazione personale, il candidato deve avere esperienza nel campo della politica internazionale e di sicurezza e parlare correntemente almeno una delle due lingue ufficiali dell’organizzazione, l’inglese e il francese”.
Il peso dei legami tra Renzi e la nuova amministrazione Usa
“E poi – continua – deve avere una buona reputazione a livello internazionale e il consenso della maggior parte dei Paesi”. A partire dal proprio che, mette in guardia l’esperto, “non deve fare pasticci, ad esempio proponendo candidature doppie”.
Non è sufficiente, quindi, ottenere un ministero di peso per costruire una candidatura. “Il rapporto che ha Renzi con l’amministrazione Biden ha un valore di partenza, è vero, ma quella che si corre da qui al 2022 è una lunga maratona, e nel percorso ad ostacoli che i candidati dovranno affrontare ci sono diverse variabili, non ultima quella legata all’interesse nazionale, che possono portare alle scelte più disparate”, afferma Politi.
Insomma, in due anni può cambiare tutto. Di sicuro, secondo il direttore, l’Italia avrebbe buone possibilità di raggiungere la vetta dell’organizzazione se facesse una “scelta di rottura” e presentasse una donna: “In Italia ce ne sono almeno tre che avrebbero dei requisiti per affermarsi”.