Nel frattempo, l'economia del Paese è in condizioni disperate, rese ancora più gravi dall’emergenza sanitaria. Secondo il Global Network against Food Crises, un'agenzia sponsorizzata dall’ONU, nel 2019 la crisi alimentare in Venezuela è stata la quarta più grave al mondo, dopo Yemen, Repubblica Democratica del Congo e Afghanistan.
Cosa sta davvero succedendo in Venezuela? Per attirare di nuovo attenzione a questo Paese esausto e ai suoi numerosi problemi irrisolti, Sputnik Italia si è rivolto al noto economista e Presidente di Guizzetti & Associates Antonio Guizzetti. In questo momento il Professore si trova a Caracas con una mission importante che potrebbe aiutare Venezuela ad uscire fuori dal tunnel dei debiti e a "rinascere" a prescindere da tutte le difficoltà.
— Professore, potrebbe spiegarci qual è lo scopo della Sua missione in Venezuela? La possiamo chiamare “umanitaria”?
Nei mesi scorsi, un consorzio formato da importanti imprese europee, ciascuna leader nei propri segmenti di mercato, ha vinto una gara internazionale (che era aperta a tutte le società del mondo) per l'ammodernamento e la riabilitazione della centrale idroelettrica costruita a valle della diga Guri, battezzata dal Governo del Venezuela con il nome CH Simon Bolivar. Questa centrale è la seconda più grande del mondo e generava più di 10 milioni di chilowattora, un volume di energia elettrica più che sufficiente per soddisfare tutta la domanda interna del Venezuela. Anzi ce n’era davanzo per permettere al Venezuela di anche esportare energia elettrica ai mercati/ dei Paesi vicini. Nel 2019, la CH Simon Bolivar fu oggetto di un sabotaggio cibernetico, annunciato dal senatore statunitense Marco Rubio con un Tweet, che mandò in crash i suoi generatori.
— A conseguenza di quest’attacco, il Venezuela restò a lungo al buio perché il sistema elettrico nazionale è diventato il bersaglio principale per i numerosi sabotaggi...
#Venezuela Il nuovo #Blackout è stato provocato da un incendio nella centrale del #Guri.
— Giuliano Granato (@Giul_Granato) March 27, 2019
Un nuovo attacco, parte dal piano di destabilizzazione del paese. Se non vediamo i carri armati non significa che l'aggressione non ci sia.
Il #golpe prosegue, la #resistenza pure. pic.twitter.com/hI2itxgHwI
La mia missione ha come obiettivo principale di negoziare con il Governo del Venezuela la ristrutturazione del debito accumulato verso il consorzio, di accordare un calendario di suo pagamento e di programmare il riinizio dei lavori sospesi. Si tratta quindi di una situazione che da un lato vede la giustificata posizione del consorzio che reclama il dovuto e dall'altra parte un Paese che dispone oggi di scarse risorse finanziarie e con un'offerta di energia insufficiente a soddisfare la domanda interna.
— A partire dal 2018 l'amministrazione Trump ha inasprito le sanzioni contro il settore petrolifero venezuelano fino a rendere quasi impossibile per le aziende del paese non soltanto esportare ma anche importare petrolio. Presumo che questo embargo abbia messo il Paese ulteriormente in ginocchio. E' così? Potrebbe condividere la Sua testimonianza?
In poche parole, si tratta di uno strumento unilaterale, che sino ad oggi è stato sempre promosso dagli Stati Uniti d'America, per mezzo del quale un certo numero di Paesi del mondo, in genere i Paesi ricchi del mondo, su iniziativa degli Stati Uniti d'America, decidono unilateralmente di adottare delle misure restrittive sull’intercambio commerciale e di sospendere ogni tipo di transazione verso un determinato Paese (quasi sempre un Paese povero, con una limitate capacità di autodifesa) da castigare. Queste misure punitive si estendono anche all’esproprio e/o al congelamento di attivi e beni del Paese punito con l’embargo.
Oggi, su iniziativa degli Stati Uniti d'America e con l'adesione di tutti i Paesi CEE, sono vigenti degli embarghi (diversi nella forma ma uguali nella loro sostanza) verso i seguenti Paesi: Corea del Nord, Cuba, Iran, Russia e Venezuela e con i nomi di questi non è difficile immaginare le ragioni di un embargo Made USA, sostenuto dai Paesi CEE.
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