È ormai quasi introvabile nelle farmacie. Da quando lo studio che parla dell’efficacia contro il coronavirus è uscito dagli archivi, la lattoferrina è diventata il nuovo oggetto del desiderio.
Questa molecola che è alla base del latte materno e di alcuni preparati artificiali, è una sintesi tra proteine e catene molecolari del carboidrato e sarebbe l’elemento chiave che rende i bambini quasi immuni dalle forme più gravi di Covid-19.
Lo studio sulla lattoferrina è stato sviluppato dall’Università di Tor Vergata, dalla dottoressa Elena Campione, e pubblicato nel luglio scorso dall’International Journal of Molecular Sciences.
Sulla ricerca, però, un gruppo di esperti di epidemiologia dell’Asl di Roma avanza dubbi. "Una ricerca – nel migliore dei casi – ancora immatura", secondo i firmatari di una lettera aperta, Laura Amato, Marina Davoli, Simona Vecchi, del Dipartimento di Epidemiologia del SSR del Lazio, Asl Roma 1 e Luca De Fiore, dell’Associazione Alessandro Liberati Network italiano Cochrane.
La critica
Secondo gli esperti lo studio, che promette di proteggere contro il coronavirus, "porta alla prescrizione di un integratore alimentare il cui costo è a totale carico del paziente".
Gli epidemiologi sottolineano, in particolare, che l’attuale situazione di attesa per una cura contro il Covid-19 genera una crescente domanda di soluzioni, il più rapide possibili e la corsa alla ricerca del farmaco del momento: “La domanda di cura da parte del paziente eventualmente percepita dal medico non può essere una giustificazione per la prescrizione di preparati il cui uso non è sorretto da adeguate prove di efficacia: mai come oggi, in corso di pandemia sono necessarie scelte rigorose sia da parte dei clinici, sia dei ricercatori sia delle istituzioni sanitarie”.
I punti deboli dello studio

La ricerca sulla lattoferrina è uno studio "randomizzato, prospettico" – autorizzato dal comitato etico del Policlinico Tor Vergata - che ha valutato "il ruolo della lattoferrina orale e intranasale nel trattamento di pazienti Covid-19 da lieve a moderato e asintomatici per prevenire e trattare la malattia".
La lattoferrina, infatti, viene presentata come "un potente farmaco antivirale" e il fatto che neonati e bambini abbiano sviluppato una forma di malattia meno grave può suffragare l’ipotesi che "l’allattamento al seno o l’uso estensivo di latte artificiale contenente lattoferrina (…) possa aver protetto dal contagio o dalla peggiore evoluzione della malattia".
Lo studio, però, sottolineano i firmatari della lettera "ha arruolato consecutivamente solo 32 pazienti ed è stato costituito un gruppo di controllo composto da un numero analogo di volontari sani, negativi ai test per Covid-19, ai quali non è stata somministrata né lattoferrina né placebo, né altri trattamenti".
"Gli autori dichiarano di aver svolto un’analisi ‘matched-pair-analysis’ per eliminare almeno alcuni confondenti ma se lo studio fosse veramente randomizzato questa analisi non sarebbe necessaria poiché l’assegnazione random distribuirebbe in maniera casuale questi confondenti nei due gruppi".
Il mancato confronto
Per gli epidemiologi il punto più delicato, inoltre, è "che il decorso della malattia nei 32 pazienti arruolati non sia stato messo a confronto con quello di altrettanti pazienti ai quali fosse stato erogato lo ‘standard of care’ sul quale la comunità scientifica avesse raggiunto un consenso nell’aprile 2020".