Stando al testo sono previste inoltre procedure di conciliazione e mediazione. Una resa al politicamente corretto secondo il critico d’arte Sgarbi e secondo i partiti d’opposizione Fratelli d’Italia e Lega.
L’Italia ha ratificato la Convenzione di Faro che di fatto ufficializza una vecchia pericolosa tendenza. Oscurare il patrimonio artistico per non offendere altre culture e stravolgere opere d’arte per adattarle al politicamente corretto non è, infatti, una cosa nuova in Italia. Lo fece Matteo Renzi coprendo le statue ai Musei Capitolini durante la visita del leader iraniano Rouhani, mentre Dario Nardella modificò la fine del capolavoro di Bizet “Carmen” in cui la protagonista non doveva morire per denunciare la violenza sulle donne.
— Vittorio Sgarbi, qual è la sua idea in merito alla Convenzione di Faro ratificata anche dall’Italia?
— È una misura da terzo mondo. Il primato culturale dell’Italia è stato sempre indiscusso. Ora dobbiamo scoprire che cos’è la cultura e quali sono i valori condivisi dalla convenzione di Faro? Si tratta di cose inutili che vengono fatte da parlamenti privi di consapevolezza della storia e della tradizione italiana.
— Quali rischi corre la cultura con questa convenzione?
— La tendenza di cancellare, modificare e adattare le opere d’arte in nome di determinati valori del politicamente corretto esiste da un po’di tempo: Nardella con il finale della Carmen modificato, Renzi con le statue coperte ai Musei Capitolini in occasione della visita di Rouhani. Come commenterebbe questi stravolgimenti che colpiscono l’arte per colpa della politica?

Renzi con la decisione di nascondere le statue perché arrivava il presidente Rouhani è un esempio anticipato della convenzione di Faro. Allora un’opera potrebbe offendere una parte, un’altra opera potrebbe offendere Maometto e via dicendo. Siamo costretti a negare ciò che abbiamo espresso, a censurare l’arte, siamo costretti a valutare se alcune cose siano opportune e altre meno. Tutta l’avanguardia verrebbe messa in discussione.
— Come può l’arte offendere le culture altrui? Chi ha scritto il testo secondo lei cosa intendeva?
— Il testo è stato redatto in Portogallo per tentare di dimostrare che ogni cultura deve essere rispettata. Questo discorso può valere per le culture marginali, ma per una cultura egemone come la nostra non vale. Noi dobbiamo dettare legge, non prenderla.
— Chi deciderà cosa è bene e cosa è male?

Per capire i motivi del “no” alla convenzione di Faro e approfondire i passaggi più contraddittori del testo Sputnik Italia ha raggiunto Andrea Delmastro, deputato di Fratelli d’Italia e capogruppo del partito di Giorgia Meloni in commissione Esteri.
— Andrea Delmastro, qual è la posizione di Fratelli d’Italia in merito alla convenzione di Faro?
— È un deciso “no” ad una convenzione che si arrende al pensiero unico globale, al politicamente corretto e che alla fine è un atto di sottomissione culturale. Nella convenzione di Faro ci sono una serie di principi banali sottoscrivibili da chiunque. Vi è scritto che il patrimonio culturale è un’eredità importante e che dobbiamo consentire di utilizzare il patrimonio culturale. Non dovevamo andare a Faro per sancire delle cose che mia figlia in terza media se avesse dovuto fare un temino avrebbe potuto scrivere allo stesso modo. Bisogna cercare qual è l’aspetto innovativo di tale testo. Questo aspetto si inizia ad intravedere all’articolo 4, lettera C della convenzione.
— Di che cosa tratta l’articolo?
— “L’esercizio del diritto al patrimonio culturale può essere soggetto soltanto a quelle limitazioni che sono necessarie ad una società democratica per la protezione dell’interesse pubblico e degli altrui diritti e libertà”. Noi non crediamo che l’Occidente si fondi sul concetto che il patrimonio artistico e culturale possa offendere altrui diritti e libertà. Già questa formulazione inizia ad avere un vago retrogusto di censura o peggio autocensura sul nostro patrimonio culturale. Se a qualcuno non piace il nostro patrimonio culturale può chiudere gli occhi temporaneamente oppure tornare a casa propria. Noi non limitiamo il nostro patrimonio artistico. A convincerci ancora di più è l’articolo 7 B della convenzione.
— Cioè?
La parte peggiore è la conclusione del testo. Articolo 16: il meccanismo di monitoraggio, il quale “servirà per stabilire norme di procedura quando necessarie”. Io non devo fare monitorare il nostro patrimonio artistico da nessuno! Ancor meno se la finalità è la conciliazione rispetto a valori contradittori. Tutto ciò è un nuovo cedimento al pensiero del politicamente corretto per cui noi dobbiamo sbianchettare tratti identitari nostri per accogliere o integrare. La società islamica di oggi incitata nello scontro di civiltà con l’Occidente vedrà che noi non siamo neanche più in grado di difendere il tratto più intimo della nostra identità, che è il patrimonio artistico. È una caporetto culturale dell’Italia.